La Filctem Cgil scende in piazza accanto ai lavoratori della K-Flex. Mercoledì 8 marzo, alle ore 12, il segretario generale Emilio Miceli e il segretario generale della Lombardia Rosalba Cicero saranno davanti ai cancelli dell’azienda per portare “sostegno e solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori che, per scongiurare la delocalizzazione degli impianti produttivi, da 40 giorni stanno sostenendo questa grande e pacifica mobilitazione”. Per mercoledì 15 marzo, intanto, è stato fissato un nuovo incontro al ministero dello Sviluppo economico tra governo, azienda, sindacati ed enti territoriali.

La K-Flex, impresa di proprietà italiana e leader mondiale nella produzione di isolanti termici e acustici, con oltre 2 mila dipendenti nelle 11 sedi produttive (dislocate in Europa, Asia e America) e un fatturato in continua crescita, ha comunicato il licenziamento collettivo di 187 lavoratori (su un totale di 243 addetti) dello stabilimento di Roncello (Brianza) e la chiusura di tutte le attività di produzione in Italia. A motivare la decisione, come ha spiegato nei giorni scorsi il segretario generale Cgil Susanna Camusso, “una delocalizzazione ingiustificata e inaccettabile della produzione di Roncello verso altri stabilimenti della stessa K-Flex presenti nel mondo, in particolare in Polonia”.

La proprietà, peraltro, ha ottenuto in questi anni 12 milioni di euro di finanziamento pubblico dal governo, mentre altri 23 milioni di euro sono stati investiti dalla Cassa depositi e prestiti per l’acquisizione di quote di cinque stabilimenti del gruppo in Asia. Su questi specifici aspetti il governo ha avviato un’istruttoria, incaricando dell’indagine un gruppo di tecnici del ministero dello Sviluppo economico, proprio allo scopo di appurare la destinazione dei fondi pubblici dati alla multinazionale.

Dai cancelli della K-Flex Emilio Miceli e Rosalba Cicero ribadiranno “con forza quanto la categoria ha già fatto presente al tavolo ministeriale, avanzando alla proprietà la richiesta di riprendere immediatamente il confronto per concordare un piano industriale e un piano sociale in grado di scongiurare i licenziamenti”. Inoltre, chiederanno alla Regione Lombardia e ai sindaci del territorio “di attivare misure di sostegno al reddito delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati nella mobilitazione”.

L’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo economico, avvenuto venerdì 3 marzo, si è concluso senza alcun risultato. L’azienda ha confermato la volontà di “procedere a una riorganizzazione che coinvolge 187 lavoratori”, definendo “impraticabile e antieconomica” la prosecuzione dell’attività dell’impianto brianzolo. Ha poi rimarcato di voler “mantenere in Italia” attività di ricerca e sviluppo, logistico/distributive, marketing e vendita “che occuperanno oltre 60 lavoratori” e di essere disponibile “ad attenuare le conseguenze sul piano sociale con strumenti di politiche attive aggiuntivi a quanto messo a disposizione dalla Regione Lombardia e un piano di incentivazione”.

Netta la posizione del viceministro allo Sviluppo economico Teresa Bellanova, che ha parlato di “una chiusura e un irrigidimento irricevibili”. Per l’esponente del governo “è inconcepibile che un'impresa beneficiaria d’imponenti risorse pubbliche decida, con atto unilaterale e violentissimo, di smantellare la sede italiana adducendo ragioni che continuano ad apparire deboli e che, in ogni caso, devono poter essere considerate oggetto di confronto e discussione”. Per il viceministro, infine, il punto “è avviare un confronto - finora reso impossibile dal comportamento della proprietà - e comprendere come superare quella che, dagli elementi a disposizione, sembra essere più un’empasse congiunturale che strutturale”.