RESTRIZIONI. Le intercettazioni saranno possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni (compresa la corruzione). I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo, prorogabili di tre giorni alla volta con un provvedimento del gip. Anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni. Quelle effettuate resteranno comunque valide.

SANZIONI. Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati non tra virgolette ma con un riassunto. Gli editori che li pubblicano in modo testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che sgarrano ci sono 300 mila euro di multa, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee ai fatti. Colpiti anche i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro se pubblicano intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

INTERCETTAZIONI AMBIENTALI. Altra scure. Le cimici si potranno installare (mai in luoghi privati) solo se dalle indagini dovesse emergere che continuando ad ascoltare verrebbero fuori elementi “fondamentali per l'accertamento del reato per cui si procede” oppure si potrebbe impedire la commissione di nuovi reati. Ma la durata non potrà superare i tre giorni prorogabili di altri tre.

PM.
Se il responsabile dell’inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d’ufficio e semplicemente va in tv a parlare dell’inchiesta può essere sostituito dal capo del suo ufficio.

RIPRESE. Per i processi decide il presidente della corte d’appello, che può autorizzarle anche se non c’è il consenso delle parti. Le registrazione carpite di nascosto sono permesse ai giornalisti professionisti e pubblicisti.

CLERO.
Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la diocesi; se l’intercettato è un vescovo il pm deve avvertire la segreteria di Stato vaticana.