Le ricette Fmi per aiutare l’Italia e il sorpasso della Spagna, il protezionismo di Trump e i riflessi dei dazi sull’economia mondiale. Questi, i temi trattati dalla nuova puntata di ‘Economisti erranti’, a cura di RadioArticolo1, che ha visto la partecipazione di Stefano Lucarelli, docente di politica economica all’università di Bergamo e di Riccardo Sanna, coordinatore area politica dello sviluppo della Cgil nazionale.

 

“In realtà, la Spagna ci ha sorpassato di pochi punti percentuali, per quanto riguarda il prodotto interno lordo, ma nel complesso la situazione dei due Paesi è molto simile per l’alto tasso di disoccupazione, il rallentamento della ripresa economica e il calo produttivo generalizzato. Malgrado ciò, ci troviamo in una situazione di quasi sei punti migliore rispetto alla Spagna, che risente fortemente dei cicli di capitali che vengono attratti dall’estero, e quindi sarei prudente ad alimentare gli allarmismi lanciati dal Fondo”, ha affermato Lucarelli.

“Le previsioni Fmi sul nostro Paese, che ha rivisto al ribasso il Pil del 2019, che varierà di appena l’1,1%, incorporano un messaggio di preoccupazione per l’instabilità politica, la mancanza di un governo, che si ripercuote sulla disoccupazione a due cifre e sullo stato dell’economia, su cui pesa l‘enorme debito pubblico. Tuttavia, l’allarmismo lanciato dal Fmi interessa l’intero pianeta e c’è una sottolineatura rispetto ai rischi che politiche di protezionismo, nazionalismi e dazi possono causare nell’economia mondiale”, ha detto Sanna.

“Aggiungo che il Fmi sta ormai perdendo di credibilità, perché non è più l’istituzione pensata alla fine della seconda guerra mondiale, come un elemento stabilizzatore dell’economia globale, contribuendo al miglioramento del commercio internazionale e dei flussi finanziari internazionali. Ormai è una specie di ariete che cerca di rilanciare la massima flessibilità soprattutto dei movimenti dei capitali esteri, che nel caso di paesi come l’Italia, ne condizionano la politica economica e il modello di crescita”, ha proseguito Lucarelli.

“Sulla questione dazi, segnalo due aspetti: il primo, è che non siamo dinnanzi a una sorpresa, in quanto esistevano già durante la gestione Obama. Il secondo, è che di fronte all’austerity imposta dall’Unione europea, a seguito dell’incremento dei divari commerciali tra il nord e il sud dell’Ue, le politiche monetarie di Mario Draghi hanno funzionato grazie anche alla collaborazione della Federal reserve, come incentivi al deprezzamento dell’euro sul dollaro, da maggio 2014 a tutto il 2016. Ed è così che paesi come il nostro sono usciti dalla recessione. Ora la politica di Trump sta mettendo in crisi gli assetti economici europei, dove però il vero problema è dato dal neomercantilismo che caratterizza le relazioni commerciali intraeuropee, mentre il beneficio del deprezzamento dell’euro sul dollaro si è esaurito”, ha rilevato Lucarelli.

“Per aiutare il nostro Paese ad accelerare la ripresa, il Fmi suggerisce una tassazione per i ricchi, un alleggerimento della tassazione sul lavoro, investimenti mirati ad anziani e infanzia e partecipazione femminile al mercato del lavoro. Da parte del Fondo, c’è l’idea che in un regime di rallentamento di quella svalutazione competitiva che ha portato il nostro export e quello di molti altri paesi avanzati a uscire dalla recessione, vi è una maggiore ricerca di consumi e investimenti. Ecco perché l’Fmi immagina di aumentare le spese in conto capitale e di spostare la tassazione verso i ricchi e le proprietà, di nuovo argomentando che tutte quelle risorse devono andare sostanzialmente a ridurre il debito, che stima di nuovo troppo alto per le necessità espansive di cui l’Italia ha bisogno. Stessa cosa per la partecipazione femminile piuttosto che sulle spese per welfare. La loro preoccupazione è ricomporre la spesa pubblica per continuare a tagliare la parte corrente”, ha sostenuto Sanna.       

“Il problema è che così facendo non si esce dalla politica di austerità, perché politiche monetarie espansive senza adeguate politiche fiscali espansive non generano crescita stabile. In questo momento, noi ci troviamo dentro una trappola istituzionale, da cui si può uscire solo ripensando le politiche economiche dell’Ue in un modo più coordinato. Altrimenti le brevi fasi di ripresa non potranno mai consolidarsi. Non solo. Tutti gli sforzi fatti finora rischiano di vanificarsi e di farci tornare indietro. Questa è la vera preoccupazione della signora Lagarde”, ha aggiunto Lucarelli. 

“Come noi diciamo da tempo, il vuoto di domanda andrebbe colmato con un aumento dei salari, attraverso un fisco più equo e soprattutto con investimenti pubblici, innovazione e ricerca, che però non mi sembra sia l’argomento all’ordine del giorno a livello internazionale, così come nazionale. Eppure, il problema della struttura del sistema produttivo italiano esiste, e se noi dovessimo reindirizzare quelle ricchezze improduttive e parassitarie, accumulate spesso anche con l’evasione, quei profitti che non sono andati di nuovo in investimenti, faremmo un gran servizio al Paese e alla stessa Europa”, ha concluso Sanna.