"La chimica dell' Eni rimanga in Italia”. Lo hanno chiesto con forza gli oltre 3mila lavoratori che hanno manifestato questa (19 febbraio) a Roma, e che hanno scioperato in tutti gli stabilimenti del cane a sei zampe d'Italia.

Si tratta dell'ennesimo atto di una protesta che va ormai avanti da mesi, in particolare contro l'annunciata cessione del 70% di Versalis (il braccio chimico dell'Eni) al fondo americano Sk Capital, ma anche contro la dismissione della chimica e del sito di Gela, la riduzione della capacità di raffinazione e la cessione sia di Saipem che di Gas & Power. Secondo i sindacati, infatti, questo piano comporterebbe la chiusura definitiva dell'industria chimica nel nostro paese. Il settore, invece, avrebbe bisogno di ulteriori  investimenti per completare la trasformazione dei suoi  stabilimenti in bioraffinerie 'green'.

Lo sciopero di otto ore, indetto da Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec e Ugl Chimici, ha avuto un'ottima riuscita, con tutti gli impianti del gruppo fermi sin dalle prime ora della mattina, per un totale di 40mila lavoratori che hanno incrociato le braccia in tutto il Paese. 

Sul palco di Piazza Ss Apostoli di Roma, a partire dalle 10, si sono susseguiti gli interventi dei delegati degli stabilimenti del gruppo, dei segretari generali delle federazioni dei chimici di Cgil, Cisl e Uil, Emilio Miceli, Angelo Colombini e Paolo Pirani, oltre a quelli di Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo. 

Il segretario generale della Cgil ha chiesto provocatoriamente al governo quale sia la sua politica industriale, “visto che si svendono al primo che passa i nostri gioielli industriali”. Affermando poi che di fronte “all'ennesima divisione che si impone al mondo del lavoro il sindacato non starà certo a guardare”.    

Per Carmelo Barbagallo, invece, “Mattei si sta rivoltando nella tomba”, ma i sindacati, “che devono rimanere uniti nella lotta”, non saranno “indotti in rassegnazione” di fronte a una svendita “che rischia di cancellare la chimica dal nostro paese”.

Il fondo americano Sk Capital, ha infatti avvertito nell'intervento conclusivo Emilio Miceli, segretario generale Filctem Cgil, "non ha le  caratteristiche per gestire la chimica italiana: ha la sede alle Cayman e non può fare i giusti investimenti di cui avrebbe bisogno il settore. Inoltre vorremmo capire i criteri di questa operazione, non vorremmo un altro caso-Telecom”. “La chimica italiana non è solo l'impresa chiamata Versalis - ha concluso- ma una delle spine dorsali del Paese al pari della siderurgia".

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