Nella scorsa legislatura il Senato ha varato la norma che istituisce la nuova Commissione antimafia, ma il Codice ancora stenta a muovere passi decisivi. “L'azione antimafia oggi, però, dovrebbe partire dall'idea che i problemi possono essere affrontati anche efficacemente purché ci sia una consapevolezza generale, civile, in grado di determinare la volontà politica di perseguire determinati obiettivi, sempre”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1, è Nando Dalla Chiesa, sociologo, docente all'Università statale di Milano e presidente onorario di Libera.

Non bisogna fermarsi agli spot, alle presenze formali dentro le commissioni, alle dichiarazioni davanti alle telecamere – ha continuato –. Ciò che manca alla politica è la voglia di impegnarsi, cosa che invece spesso accade tra gli studenti e i ricercatori. Cioè in persone che capiscono che devono dedicarsi a una causa, sfruttando le capacità specialistiche che posseggono per ottenere dei risultati”.

C'è poi un grande lavoro che viene fatto sui territori a partire dai beni confiscati alla criminalità organizzata, probabilmente i luoghi in cui più si rinforza la consapevolezza civile di questo Paese. “Parliamo purtroppo di una fetta ancora piccolissima dell'economia sociale – ha detto Dalla Chiesa –, che però può diventare un paradigma, e collegarsi con altre forme di economia come il commercio equo e solidale e il chilometro zero. Un segmento economico che riesce a essere un punto di riferimento per tanti. In questo momento ci sono migliaia e migliaia di giovani che stanno facendo un'esperienza importante nei campi della legalità e che non sono iscritti ad alcuna associazione antimafia”. Dietro questo movimento, però, servono delle “istituzioni salde” perché, quando si incominciano ad approvare delle leggi come il codice antimafia, “si crea un tessuto virtuoso che produce effetti decisivi”.

La lotta alle mafie, però, non pare esattamente la priorità dell'agenda di governo: “Non ci sono provvedimenti, impegni, o scelte. Ci sono solo gesti episodici a vantaggio delle foto sui giornali. Occorrono impegni coerenti che vadano nella stessa direzione. Innanzitutto bisognerebbe cominciare dal dare seguito al nuovo codice antimafia e far vivere la nuova agenzia. Rivoluzionare le burocrazie che si occupano di antimafia sarebbe davvero importante. Ma ancor più importante sarebbe farlo con qualità professionali di livello. Perché per fare antimafia servono competenze e un animus pugnandi specifici”.

C'è, tra l'altro, un passaggio del nuovo Codice che è stato molto contrastato perché equipara le pene per i reati di corruzione con quelle dei reati di mafia. “Le due cose, però, vanno distinte – conclude Dalla Chiesa –. Io insisto sempre sul fatto che dove c'è la mafia la corruzione diventa la sua autostrada, perché rende tutto più facile e meno necessario il ricorso alla violenza. La corruzione aiuta a mimetizzarsi. Ma la corruzione non è la stessa cosa della mafia. La mafia è un potere che si erige contro quello dello Stato, contro le istituzioni legittime, e questo non va mai dimenticato. D'altra parte, se il corrotto concorre al successo del mafioso, esiste il reato di concorso esterno in associazione mafiosa”.