Lo stabilimento Pernigotti di Novi Ligure (Alessandria) ha annunciato la chiusura. Ne danno notizia i sindacati di categoria, dopo l'incontro di ieri con l'azienda. Il gruppo ha comunicato alle organizzazioni la decisione "definitiva" di fermare le macchine per la dismissione del sito.

"La chiusura dello stabilimento di Novi Ligure si tradurrà nel licenziamento di circa cento persone". Lo afferma il segretario generale della Flai di Alessandria, Marco Malpassi, all'agenzia Agi. "Sono cinque anni che facciamo proposte all'azienda - spiega - , a fronte di bilanci mediamente in rosso per dieci milioni ogni anno e di quattro amministratori delegati che si sono avvicendati. Continuavamo a vedere questo 'bagno di sangue' nella gestione e per anni ci hanno dato dei gufi, tanto che anche ad Eurochocolate di ottobre la proprietà negava che lo stabilimento di Novi avesse problemi".

L'epilogo poi si è rivelato diverso. "Adesso hanno deciso di chiudere - aggiunge Malpassi -. Certo prima o poi ce lo aspettavamo, ma la follia di tutta la vicenda è che hanno perso cinquanta milioni di euro per arrivare alla chiusura dopo cinque anni quando, con un piano industriale serio cinque anni fa e l'uso di ammortizzatori sociali forse si riuscivano a salvare bilanci e posti di lavoro".

Dura la reazione che arriva dalla Flai Cgil nazionale.  “Un nuovo colpo a marchi e prodotti famosi del nostro made in Italy e un colpo gravissimo all’occupazione. In Piemonte dopo la crisi Hag e Splendid, tocca alla Pernigotti, la nota azienda di cioccolato, di proprietà turca già da qualche anno, ha annunciato la chiusura con conseguente licenziamento di tutti i 200 dipendenti”. Così la segretaria generale Ivana Galli.

“Come Flai Cgil  - aggiunge - siamo al fianco dei lavoratori Pernigotti e con loro stiamo intraprendendo tutte le iniziative volte a contrastare questa scelta scellerata. Ancora una volta assistiamo a proprietà straniere che prima comprano e poi licenziano e chiudono, mantenendo però la proprietà del marchio, come in questo caso un marchio prestigioso, e vanno a produrre all’estero. Ancora una volta - dunque - sull’altare del mercato si sacrificano i lavoratori e la qualità dei nostri prodotti”.

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