Fiducia nel sistema sanitario nazionale e nella protezione civile, giudizi più prudenti e articolati sulle misure messe in campo per fronteggiare la pandemia dalle diverse istituzioni (governo, regione, comune). Tutte le scelte sono giudicate opportune, ma alcune tardive. Sono questi i principali risultati che emergono dall’indagine “Coronavirus: come cambia la nostra vita” promossa da Federconsumatori e realizzata da Ires Emilia-Romagna, che ha registrato la compilazione da marzo a giugno di 8.506 questionari. L’indagine è stata presentata oggi (1 ottobre) nelle sede della Regione Emilia-Romagna.

Per quanto riguarda i comportamenti collettivi e individuali, dalle risposte emerge una massima attenzione delle persone durante il lockdown, per le regole da seguire. Si parla soprattutto di uso del gel, delle mascherine e del distanziamento sociale. Emerge però anche una crescente preoccupazione per la salute dei propri cari e per le ricadute economiche. “La ricerca ci consegna uno spaccato particolarmente significativo della situazione del sistema sanitario che rende ancora più urgente l’attivazione di fondi del Mes per rilanciare la centralità del sistema pubblico universale, per potenziare la medicina territoriale multidisciplinare, per ammodernare le strutture ospedaliere pubbliche, per superare i gravi ritardi di molte regioni italiane soprattutto al Sud, per ampliare oltre che accrescere i Lea, i livelli essenziali d’assistenza” afferma Emilio Viafora, presidente Federconsumatori.  “Dall’indagine emerge anche la necessità di una sanità davvero digitale – commenta la presidente di Federconsumatori Emilia-Romagna Renza Barani -. Il 48,4 per cento del campione ammette di non sapere cosa sia il fascicolo sanitario elettronico, di cui noi chiediamo un rilancio, ma al contempo la stragrande maggioranza si dice interessata a un consulto medico digitale, come è accaduto durante il lockdown. Infatti registriamo da qualche tempo, pur in una regione come la nostra dove la sanità è un’eccellenza, segnalazioni da cittadini che non riescono a ottenere visite ordinarie per le lunghe liste di attesa”.

Le istituzioni
L’indagine si apre con una domanda sul livello di fiducia dei principali soggetti protagonisti dell’emergenza: da zero a dieci, la protezione civile e il sistema sanitario nazionale ottengono a testa 7,4. A seguire la Regione Emilia Romagna (6,5), e il Comune (6,3), mentre il governo nazionale si attesta sul 6,1. In Emilia-Romagna la caduta della fiducia si rintraccia principalmente nel governo, il cui indice di fiducia scende sotto la soglia del valore mediano (da 6,4 fino a 5,3 durante la fase dell’apertura), a differenza del sistema sanitario nazionale che subisce comunque una flessione post lockdown mantenendo però un indice di fiducia alto (7,9), così come per Regione (7,7), Protezione civile (7,7) e Comune (7).

Si è fatto il possibile?
"Adeguata ma in ritardo”. Per il 64 per cento viene valutata così la reazione di governo, regione e comune, mentre risulta essere “adeguata e tempestiva” per il 15,9 per cento (che sale al 21,6 in Emilia-Romagna), e “inadeguata” per il 15,3. In questo caso i giudizi si fanno più severi al protrarsi della pandemia.La principale preoccupazione resta comunque la “salute dei propri cari” (9,3), seguita dalle “ricadute sul sistema economico” (8,8), dalle “ripercussioni sul lavoro” (7,6), dalla “salute personale” (7,6), dai vincoli alle “relazioni sociali e familiari” (6,9) e dagli “spostamenti/libera circolazione” (6,6).

Ci siamo comportati bene
Il 90 per cento del campione degli intervistati dichiara di attenersi “sempre” alle misure restrittive per contenere la pandemia, il 9 “spesso”, l’1 “qualche volta”. Misure ritenute “adeguate ma confuse” per il 48 per cento, “adeguate e chiare” per il 43, ma anche “eccessive” (4) e “inadeguate” (4). Per quanto riguarda invece le misure messe in campo dalle istituzioni a favore dei consumatori, il 54 le considera adeguate o molto adeguate mentre il 46 “poco adeguate” o “inadeguate”. L’indagine ha indagato anche il rapporto tra pandemia e informazione, stili di vita e sanità digitale. “Lo studio ci racconta, tra le altre cose, la scrupolosità anche degli emiliano-romagnoli nell’uso di mascherine, gel e distanziamento - avverte Barani -.. Questo rigore deve continuare ancora e spetta alle istituzioni lanciare i giusti messaggi, dopo aver assistito a treni affollati, discoteche aperte e ora pare sia il turno degli stadi. C’è bisogno di normalità, ma in assenza di un vaccino non possiamo lanciarci in prove spericolate che rischiano di mettere in crisi la nostra sanità pubblica”,

Come ci siamo informati
Nel rapporto si legge che durante la pandemia gli strumenti di informazione e comunicazione hanno certamente giocato un ruolo di rilievo nella diffusione delle notizie, nella costruzione del consenso, nell’alimentazione delle paure, nella sollecitazione delle percezioni e delle emozioni. Un ruolo passivo, dal punto di vista dei cittadini, ed un ruolo attivo, per chi è stato chiamato a gestire la crisi sanitaria. Prioritariamente l’informazione sui temi relativi al Coronavirus è passata attraverso la televisione nazionale e i social network, poi attraverso i giornali on line e i siti web istituzionali e solo marginalmente attraverso la radio, quotidiani e riviste specialistiche. Il ricorso a strumenti di informazione sempre più digitali e sempre meno “analogici”, tuttavia, non è un passaggio da imputare alla pandemia ma è un fenomeno che risale almeno agli ultimi 30 anni. L’incrocio con le variabili esplicative mostra come: la variabile di genere mostri un maggior orientamento delle donne a informarsi attraverso i social network e i giornali on line; si confermi una relazione inversa tra utilizzo della informazione digitale e l’età anagrafica; emerga una relazione positiva tra titolo di studio e lettura dei giornali on line e attraverso i siti web istituzionali.

Il metodo d’indagine
Dal punto di vista del metodo scelto, Federconsumatori e Ires Emilia Romagna fanno sapere che larga parte dei questionari sono stati compilati in Emilia-Romagna (il 25,4 per cento del campione), poi Lombardia (13,6), Toscana (8,9), Veneto (8,1) e Piemonte (6,9). Il 71,4 è rappresentato dalla componente femminile, il 67,7 è over 45, gli under 35 sono il 13,9, gli over 55 il 43. Ancora, il 31,6 per cento vive con il proprio coniuge, il 20,5 anche coi i figli, il 14,6 da solo. È lavoratore dipendente il 46,8, poi ci sono i pensionati (il 20,6), i disoccupati (8,6), le casalinghe (8,5) e gli studenti (3,9).

Le fasi dell’indagine
Le risposte sono pervenute in tre fasi distinte della pandemia: lockdown senza prospettive di apertura; lockdown con prospettive di apertura; apertura. "Passando dal lockdown alla cosiddetta fase 2 di progressiva riapertura, le paure e le preoccupazioni soggettive si sono trasformate – sottolinea Davide Dazzi, ricercatore Ires e curatore dell’indagine -. La fiducia verso le istituzioni è calata e allo stesso tempo è aumentata la severità di giudizio rispetto all'adeguatezza delle misure di intervento, evidenziando una sostanziale difformità di giudizio tra gestione della crisi sanitaria e la crisi economica e occupazionale. Di fronte al Covid-19, non tutti hanno reagito allo stesso modo. Le figure più fortemente critiche rispetto alla capacità di reazione delle istituzioni sono i più giovani e i lavoratori autonomi, mettendo così a nudo le asimmetrie di copertura dei sistemi di protezione sociale".