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Giorgia cara, Antonio caro, un umile suggerimento: invitare gli italiani e le italiane (e sì, dal 1946 ci siamo anche noi!) a non votare ai referendum non porta storicamente proprio benissimo. Vi raccontiamo perché e partiamo da lontano.
Il 9 giugno del 1991 si vota per il referendum sulla riduzione delle preferenze per l’elezione alla Camera dei Deputati. Bettino Craxi invita gli italiani a disertare le urne. “Andate al mare” è - corsi e ricorsi storici – la frase attribuita al leader socialista, che in realtà al mare ci stava già e al microfono del giornalista che lo incalzava rispondeva più teatralmente “Passatemi l’olio! Si può avere un po’ d’olio?” L’Italia risponderà con il 95 per cento di sì e un’affluenza del 62,5%. Siamo nel giugno del 1991. Il resto è storia: Quel “Passatemi l’olio!” non porterà molta fortuna a Bettino.
Ma Craxi non è l’unico a cui la richiesta di disertare le urne non ha portato benissimo. Il 12 e il 13 giugno del 2011 gli italiani e le italiane sono chiamati a esprimersi su quattro distinti quesiti su acqua, nucleare e legittimo impedimento. “Penso che non mi recherò a votare per il referendum, è un diritto dei cittadini”, è il commento di Silvio Berlusconi. “Se non va a votare lui, ci andranno gli italiani”, la risposta di Pierluigi Bersani. E gli italiani – e le italiane – a votare ci vanno.Votano in circa 27 milioni, quasi tutti per il sì. Cinque mesi dopo Berlusconi perde la maggioranza alla Camera dei deputati e si dimette lasciando il posto al Governo tecnico di Mario Monti.
Basta così? E no, c’è ancora qualcos’altro che vi vogliamo raccontare. A pochi giorni dal referendum sulle trivelle (17 aprile 2016) il presidente del Consiglio Matteo Renzi scrive sulla sua Enews: “Sia chiaro: ogni scelta è legittima. Chi vuole che il referendum passi deve votare sì, chi vuole che il referendum non passi può scegliere tra votare no o non andare a votare”.
“È per una questione di principio che invitiamo i nostri amici e lettori ad andare comunque a votare, anche per il no – gli risponde Marco Travaglio –. E non tanto perché il voto sia un dovere sancito dalla Costituzione (…). La questione di principio deriva dalla martellante campagna di sabotaggio ingaggiata dal presidente del Consiglio, che non ha precedenti (quando Craxi, nel 1991, invitò gli italiani ad “andare al mare” nel giorno del referendum elettorale, non era premier)”.
“Non era mai successo nella storia d’Italia che l’arbitro della partita, cioè il presidente del Consiglio, consigliasse di renderla nulla non giocandola, o giocandola in maniera sleale”, aggiunge Michele Emiliano. Il quorum al referendum non sarà effettivamente raggiunto: voterà solo il 31,19% degli elettori.
Ma anche a Matteo l’appello all’astensione non porterà benissimo. Il 4 dicembre 2016 le italiane e gli italiani si esprimono in modo chiaro sulla riforma costituzionale promossa dallo stesso Renzi: il 59,1% vota no con un’affluenza del 65,5%. Il presidente del Consiglio si assume la responsabilità della sconfitta e annuncia le sue dimissioni affermando: “L’esperienza del mio Governo finisce qui”.
Insomma Giorgia e Antonio, siete proprio sicuri di questo appello all’astensione? Pensateci: se non lo volete fare per il valore del voto, per l’appello del Presidente della Repubblica dello scorso 25 aprile, per il valore della democrazia e della partecipazione, fatelo almeno per scaramazia.