Un settore segnato da forti contraddizioni: da un lato, la continua e importante espansione sul piano economico e occupazionale e, dall’altro, una sempre maggiore presenza di fenomeni di frammentazione, bassa innovazione, scarsi salari e cattive condizioni di lavoro. È dedicato alla logistica il Tema del n. 3/2020 della Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, il trimestrale diretto da Umberto Carabelli, che in 72 anni di attività editoriale si è trasformato da guida utile per avvocati e sindacalisti a strumento imprescindibile per una vasta area di studiosi del diritto del lavoro.

Sfruttamento

Un’autentica incongruenza, quella che si è trovato a vivere il settore, che nel tempo ha determinato il suo schiacciamento “tra le esigenze di elevate professionalità (a tutti i livelli: dal management sino alle figure professionali degli addetti al trasporto/consegna delle merci) e la ricerca sfrenata di risparmio sui costi”, commentano nella nota introduttiva del numero Andrea Allamprese e Olivia Bonardi, rispettivamente professore associato di Diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e professoressa ordinaria di Diritto del lavoro presso l’Università Statale di Milano; mentre “la tendenza delle imprese a esternalizzare le attività logistiche abbattendo il più possibile i costi a esse collegati ha creato un sistema in cui si realizzano forme di sfruttamento dei lavoratori che raggiungono talvolta livelli intollerabili”.

Formazione

Recenti ricerche sul settore, sottolineano i curatori del n. 3 di RGL, hanno evidenziato come il miglioramento della competitività e dell’efficienza del sistema della logistica implichi necessariamente la valorizzazione delle competenze dei lavoratori. “In un quadro in cui il problema principale è garantire condizioni di lavoro dignitose a tutti gli addetti del comparto – continuano Allamprese e Bonardi –, discutere di competenze, di diritto alla formazione e di inquadramento dei lavoratori della logistica può apparire irrealistico, se non addirittura inutile”. E invece, a ben vedere, non è affatto così: “Anche le professioni legate alla logistica subiranno cambiamenti indotti dalla crescente applicazione delle tecnologie digitali, che richiedono di essere affrontati attraverso gli strumenti della formazione continua sui luoghi di lavoro”.

Dopo la firma del contratto metalmeccanici del 2016, anche i rinnovi di altri settori sembrano cominciare a porre un certo interesse al diritto alla formazione. Anche per gli addetti alla logistica: “Mentre per i lavoratori dei livelli più elevati – osserva Cristina Alessi, professoressa associata di Diritto del lavoro presso l’Università di Brescia – la richiesta delle imprese riguarda soprattutto il possesso di competenze specialistiche derivanti dalla formazione (soprattutto universitaria), per i lavoratori collocati nei livelli di classificazione più bassi cominciano a essere richieste conoscenze legate all’utilizzo delle (nuove) tecnologie applicate ai sistemi di distribuzione e consegna delle merci, che tuttavia creano problemi in termini di tutela dei diritti fondamentali delle persone, come quelli legati al rispetto della privacy e alle modalità di effettuazione dei controlli sull’esatto adempimento della prestazione”.

Sindacato

Dalla lettura del fascicolo di RGL si apprende anche della sostanziale difficoltà dei sindacati maggiormente rappresentativi di raggiungere e rappresentare questa categoria di lavoratori. Difficoltà che, anche in virtù di condizioni di lavoro tali da determinare azioni di lotta che hanno come sbocco quella che i sociologi non esitano a definire “autoalimentazione del conflitto”, ha dato fiato negli anni alle più diverse forme di sindacalismo di base: “L’aperta diffidenza mostrata dalle organizzazioni più rappresentative ha però fatto sì che le lotte nella logistica, che durano da anni, siano rimaste sostanzialmente isolate – argomenta Giorgio Grappi, assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna, in uno dei saggi contenuti nella rivista –, rafforzando quella apparente separazione di destino tra i migranti, che occupano le posizioni più basse del mercato del lavoro, e gli altri lavoratori. Questo ha impedito di comprendere per tempo che cosa quelle lotte stessero rivelando su un settore così importante, sul ruolo della circolazione nella produzione contemporanea, e sulla rilevanza strutturale del lavoro migrante nel determinare i complessivi rapporti di forza”.

Ma non solo. Le innovazioni tecnologiche introdotte all’interno della produzione sono sovente affrontate concentrando l’attenzione sul risparmio di forza lavoro che queste comportano. La digitalizzazione e l’automazione si scaricano in modo generalizzato sull’organizzazione del lavoro, rappresentando un’ulteriore strategia di affinamento della governance di contenimento dei salari e di precarizzazione del lavoro, di cui si alimentano le catene del valore. “Le piattaforme si affermano come strumenti di riorganizzazione della produzione e del comando del lavoro – commenta ancora Grappi –. Se nel caso della gig economy una paradossale autonomia intrappola i lavoratori in rapporti di lavoro più flessibili, l’economia delle piattaforme costituisce una forte leva di centralizzazione del processo produttivo”.

Salute e sicurezza

Non vanno molto meglio le cose sul versante della tutela della salute. La letteratura scientifica riferita ai lavoratori della logistica è piuttosto carente. Una grave contraddizione, se solo si tiene conto del fatto che il Covid-19 – un dato avvalorato da più di una ricerca epidemiologica – sembra essersi diffuso soprattutto attraverso i trasporti logistici, e che si spiega con le oggettive difficoltà di perimetrare un settore dove convivono un’enorme quantità di filiere produttive, di profili tra loro assai diversi e di specifici ritmi di lavoro. “Quella che è stata definita la via italiana alla logistica – spiegano Allamprese e Bonardi in un altro saggio contenuto nel trimestrale – si è caratterizzata per il massiccio impiego delle cooperative di produzione lavoro con fenomeni di auto sfruttamento e con la diffusione di cooperative spurie che hanno operato prevalentemente in violazione delle norme legali”. Il risultato del quadro fin qui descritto è che “la precarietà del lavoro porta con sé una serie di rischi connessi alla mancata formazione, all’inadeguata conoscenza dell’ambiente di lavoro, all’insufficiente fornitura dei Dpi e alla mancanza di controllo sanitario”.

La prima parte di RGL 3 ospita poi alcuni saggi afferenti a temi di diversa natura e interesse: dal primo accordo attuativo del “Patto per la fabbrica” a un contributo allo studio dei diritti sociali fondamentali in Europa. A seguire, la seconda parte (Giurisprudenza) si apre con una serie di casi (di particolare interesse “Uber secondo la Cassazione francese”) e più avanti analizza e commenta alcune decisioni prese da Corte di Giustizia, Cassazione, Corte d’appello di Napoli, Torino e Venezia, Tribunale di Roma, Firenze, Bologna e Ravenna.

La sezione Sicurezza Sociale ospita commenti relativi a temi tra i più disparati: si va dal diverso trattamento pensionistico per uomini e donne alla natura giuridica degli assegni per il nucleo familiare.

Osservatori online. Corte Costituzionale (a cura di Lorenzo Fassina e Massimo Pallini), Contrattazione collettiva (a cura di Ginevra Galli e Stefano Cairoli).

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