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Lentini: in Sicilia la Cgil Sicilia insieme a Legacoop e Libera ha incontrato i lavoratori e le lavoratrici della cooperativa sociale “Beppe Montana”. Lì 10 giorni fa un incendio ha distrutto 20 ettari di grano coltivate in un bene confiscato alla mafia in contrada Cuccumella, proprio a Lentini in provincia di Siracusa.
In verità quello dello scorso 8 luglio in Sicilia non è un incendio isolato, è – speriamo - l’ultimo di una serie che in questa estate torrida ha colpito alcuni beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata e restituiti alla società civile. Il punto è proprio questo: le mafie non solo non sopportano che i propri beni acquisiti con proventi illeciti vengano riutilizzati a fini sociali, così come prevede la legge 109\96 nata trent'anni fa grazie ad una grande raccolta di firme in calce a un testo di iniziativa popolare; non solo non sopportano che nei loro beni e nelle loro aziende si sperimenti felicemente un diverso modello economico e sociale, ma fanno anche di tutto per rientrare in possesso di quei beni magari attraverso prestanome. Per questo il testo di riforma di quella parte del Codice Antimafia uscito dal Cnel è importante e speriamo venga rapidamente approvato dal Parlamento. Servirebbe a mettere in sicurezza il valore sociale della restituzione alla collettività e a evitare che le aziende tolte ai criminali periscano.
L’iniziativa di Lentini
“Quello di 10 giorni fa – ha detto Alfio Mannino, segretario della Cgil Sicilia tra i partecipanti all’iniziativa di Lentini - è stato l’ennesimo atto criminale di una mafia che cerca di rimpossessarsi, di condizionare un bene che le è stato sottratto e rilanciato e produce nella legalità. Ai lavoratori, che hanno reagito subito confermando il loro impegno, abbiamo voluto rimarcare il sostegno della Cgil. Esperienze di questo tipo sono importanti - aggiunge -, perché affermano il valore di azienda che agisce nella legalità e che produce sviluppo e dà lavoro”.
Incendi e beni colpiti
Oltre che il Sicilia, anche in Calabria episodi dolosi si ripetono: quest’anno è toccato alla cooperativa Valle del Marro Libera Terra che coltiva oltre cento ettari di terreni confiscati ai principali clan della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. Lì sono state date alle fiamme oltre 800 piante di ulivo, mandando in fumo anche 20mila chili di olive. E lo scorso 6 luglio, al tramonto, le fiamme appiccate nelle terre sequestrate a Francesco Schiavone detto “Sandokan” a Santa Maria la Fossa in provincia di Caserta hanno devastato per il terzo anno consecutivo i campi della Cooperativa Terra Felix, anche in questo caso tutto il raccolto di cardo mariano è andato distrutto.
chi rischia di non nascere
Beni confiscati che rinascono e beni confiscati che si depauperano. È il caso dell’hotel Sigonella di Motta Sant’Anastasia, confiscato nel 2016 e per procedure burocratiche inceppate non viene ancora affidato alla cooperativa di 12 lavoratori e lavoratrici che si è proposta di gestirlo. Dopo essere stati a Lentini, i rappresentanti di Cgil e di Legacoop hanno incontrato i lavoratori e le lavoratrici, per manifestare il loro sostegno. All’assemblea ha anche preso parte il presidente della Commissione regionale antimafia, Antonello Cracolici, al quale le due sigle hanno nei giorni scorsi scritto sollecitando “un intervento per accendere l’attenzione su questa esperienza e contribuire a non perdere questa importante occasione per la Sicilia”.
L’importanza del tempo
“Dopo 4 anni dalla confisca - ha affermato Mannino - l’esaurimento delle procedure e la presentazione del piano industriale, il bene non viene ancora assegnato. Si tratta di una realtà importante sottratta alla mafia, su cui i lavoratori intendono scommettere. “Sono qui per dare massima solidarietà a dei lavoratori che sono impegnati in quella che considero la partita su cui si gioca la credibilità dello Stato, e cioè la gestione dei beni confiscati, frontiera simbolo dell’impegno sociale”. Lo ha detto il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici mentre Alessio Festi, responsabile legalità della Cgil nazionale, riferendosi all’Hotel ha affermato: “È una scommessa sullo sviluppo nella legalità e sulla capacità dello stato di riappropriarsi di attività mafiose, che va sostenuta. È ora che ai lavoratori si dia una risposta”.
L’iniziativa di Libera
In fumo, assieme ai raccolti e alle piante sono andati anche tanti soldi, per cercare di aiutare a rialzarsi le cooperative colpite dagli atti dolosi Libera ha lanciato una raccolta fondi perché: “Le cooperative che lavorano sui beni confiscati alle mafie rappresentano un modello virtuoso di economia sociale, giusta e sostenibile. Oggi, più che mai, hanno bisogno di un aiuto concreto per rialzarsi, riprendere le attività e continuare a generare lavoro e speranza nei territori più fragili”. Se c’è chi appicca il fuoco c’è anche chi costruisce legalità nelle piccole azioni di ogni giorno. E noi siamo di più tant’è vero che “Grazie al sostegno di tante persone della nostra rete territoriale e associativa, abbiamo già raccolto circa il 50% della somma minima necessaria per aiutare le cooperative di Libera Terra a ripartire, dopo le gravi difficoltà affrontate nelle ultime settimane”. Ovviamente la raccolta fondi continua e si può partecipare cliccando qui.