L’anno scorso ha dato alle stampe Assalto alla fabbrica (People), libro dedicato a quanto avvenne il 16 giugno del 1944 a Genova, allorché i fascisti della Repubblica Sociale Italiana spalancarono le porte delle fabbriche ai nazisti, facendo deportare 1.500 operai. Ora Giovanni Mari, giornalista del Secolo XIX, studioso del fascismo e del nazismo, torna in libreria con L’orchestra di Goebbels (Edizioni Lindau, 264 pagine, 23 euro), operazione di scavo storico e giornalistico che illumina uno dei capitoli più inquietanti del Terzo Reich: la “nazificazione” dell’informazione.

“Da tempo studio i temi della propaganda nazista e i meccanismi di persuasione del Novecento e ne ho ricavato una sorta di mappa per comprendere l’attualità sottoposta alla cosiddetta postverità”, spiega Mari. “Esiste ancora oggi un campionario di strategie di storytelling che ha rimesso a sistema, forse inconsapevolmente, gli insegnamenti di Goebbels”. Ministro della Propaganda del regime nazista, uomo ossessionato dal potere delle parole, Goebbels non si limitò a censurare o manipolare: costruì un sistema in grado di riscrivere la realtà, trasformando i giornali tedeschi in strumenti assoluti del potere. Un’orchestra, appunto, da suonare a piacimento per “entrare nella testa delle persone”, come lui stesso dichiarava apertamente.

Ai direttori dei giornali Goebbels ordinò di dipingere un quadro crudele e spietato, quanto falso e razzista, della comunità ebraica. L’intero sistema dell’informazione tedesca doveva ogni giorno descrivere gli ebrei come un nemico pubblico. Per farlo, Goebbels stesso ordinò al suo ministero della Propaganda di preparare 32 pagine fittissime di veline speciali (Anti-Juden-Sondernummer) per “trasformare la stampa del Reich in una stampa rigorosamente antisemita”.

La discriminazione nazista non risparmiò neppure il mondo del lavoro. Le veline elencavano le presunte (false) caratteristiche degli ebrei, raccogliendo decine di luoghi comuni e insulti. Per esempio, sull’industria: “Dall’inizio della sua attività industriale, l’ebreo ha prodotto oggetti senza valore, privi di qualità, resistenza e gusto. L’ebreo disprezza l’artigianato ed è interessato solo a produrre il più possibile dalle sue materie prime, mantenendo la paga al livello più basso, corrompendo i dirigenti sindacali ebrei, incoraggiandogli scioperi contro i concorrenti”.

E sul movimento operaio: “L’ebreo è sempre un nemico dello Stato. Il ricco ebreo è uno sfruttatore che lavora con il capo sindacale di riferimento, anch’esso di solito ebreo, e accresce la miseria sociale a un livello incomprensibile al tedesco che pensa alle ricche risorse naturali americane”. Sono evidenti le distorsioni della realtà e il puro intento di instillare odio nei confronti di un popolo intero. Settore per settore, nel commercio (“hanno sempre evitato qualsiasi forma di lavoro fisico che creasse valore e guadagnarono rapidamente un’influenza quasi illimitata sul commercio interno ed estero”), nell’estrazione (“non ci sono ebrei che lavorano nelle miniere ma se viene scoperta una nuova fornitura di metallo o petrolio, una massa di ebrei si presenta immediatamente e prende il controllo del commercio nel distretto”).

E chiaramente nelle costruzioni: “L’ebreo si presenta solo occasionalmente e temporaneamente come lavoratore, poiché rifugge dal lavoro fisico. L’ebreo negli Stati Uniti come imprenditore edile vedeva il suo lavoro solo come un’opportunità di sfruttamento; ha costruito edifici insipidi poiché gli manca qualsiasi senso architettonico”. E “le aziende ebraiche nel settore immobiliare sono fraudolente quasi senza eccezioni”.

Quello che emerge dall’analisi delle campagne antisemite orchestrate da Goebbels è un piano di disumanizzazione sistematica, condotto attraverso articoli, numeri, elenchi, “verità” costruite ad arte per eliminare ogni resistenza emotiva o razionale nei lettori. La propaganda diventa strumento di complicità e giustificazione del genocidio. Goebbels impone ai direttori di diffondere l’idea che “ogni singolo ebreo è colpevole”, che non esistono eccezioni. La religione non va menzionata, Cristo non va toccato: l’odio deve essere razziale, totale, innegabile.