Sul finire del 2021 la Commissione europea ha presentato una serie di misure dirette a regolare il lavoro tramite piattaforme digitali, tra cui una proposta di direttiva sul “miglioramento delle condizioni del lavoro su piattaforma” (Com 2021, 762 def.). La proposta di direttiva ha lo scopo di “migliorare le condizioni di lavoro delle persone che eseguono il lavoro su piattaforma”, assicurando la corretta qualificazione del loro rapporto di lavoro, “promuovendo la trasparenza, l'equità e la responsabilità nella gestione algoritmica del lavoro mediante piattaforme digitali e migliorando la trasparenza nel lavoro su piattaforma, anche in situazioni transfrontaliere, favorendo nel contempo le condizioni per la crescita sostenibile delle piattaforme di lavoro digitali nell'Unione” (articolo 1, paragrafo 1).

La nuova direttiva si applicherebbe a tutti i lavoratori delle piattaforme digitali che esercitano un certo livello di controllo sull’esecuzione del lavoro, compresi i fattorini che consegnano pasti e gli autisti delle piattaforme tipo Uber, gli individui che lavorano per piattaforme esclusivamente online (come Amazon Mechanical Turk).

L’approccio basato sulla subordinazione accompagnata da presunzioni, emerso nel corso della consultazione delle parti sociali, ha finito per prevalere. Si prevede una presunzione legale di rapporto di lavoro subordinato (confutabile dalle piattaforme datrici di lavoro o committenti), quando si sia in presenza di un rapporto contrattuale tra una piattaforma di lavoro digitale che "controlla l'esecuzione del lavoro" e una persona che esegue la propria prestazione mediante tale piattaforma.

In sostanza si avrebbe “controllo sull’esecuzione del lavoro” quando, ad esempio, la piattaforma stabilisce dei limiti massimi alla retribuzione, oppure quando la persona che esegue il lavoro su piattaforma è tenuta a rispettare regole vincolanti specifiche per quanto riguarda l'aspetto esteriore, il comportamento nei confronti del destinatario del servizio o l'esecuzione della prestazione di lavoro.

Le disposizioni del capitolo 3 della proposta di direttiva relative alla gestione algoritmica del lavoro tramite piattaforma (articoli da 6 a 10), così come gli articoli 12, 13, 14 e 15 (sull’obbligo in capo agli Stati di predisporre uno strumento di risoluzione delle controversie efficace e imparziale e sul diritto del sindacato di agire in giudizio per conto e a sostegno dei lavoratori di piattaforma), si estendono anche ai lavoratori autonomi. Ciò significa che anche questi soggetti potranno chiedere l’informativa su come funzionano i sistemi automatizzati di monitoraggio e decisione (diritto spettante anche ai loro rappresentanti), usufruire di contatti con il personale preposto al controllo di dette procedure e, in caso di modifica pesante del loro rapporto con la piattaforma, chiedere la riforma o il risarcimento del danno (articoli 7 e 8).

Degno di particolare nota è l’articolo 7, paragrafo 1, della proposta di direttiva che introduce l’obbligo per le piattaforme di monitorare e valutare periodicamente l’impatto delle procedure automatizzate sulle condizioni di lavoro, e in particolar modo sulla salute e sicurezza durante il lavoro, e il divieto di utilizzare procedure automatizzate che mettano in qualsiasi modo “sotto pressione i lavoratori”.

Gli Stati avranno due anni per recepire la nuova direttiva dal giorno della sua entrata in vigore. La proposta è ora affidata – come primo passaggio procedurale successivo al 9 dicembre – a otto settimane di consultazione aperta (qui il testo). Il Parlamento europeo, da parte sua, si è già espresso in linea con la proposta della Commissione. Il 14 luglio 2021 ha approvato a larga maggioranza una relazione d’iniziativa di Sylvie Brunet su “condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale dei lavoratori delle piattaforme – nuove forme di occupazione legate allo sviluppo digitale” (2019/2186 Ini), nella quale si esprime una posizione a favore dell’intervento mediante direttiva, a favore della previsione di una presunzione relativa di subordinazione, contro il riconoscimento di un tertium genus rispetto al lavoro subordinato e a quello autonomo, a favore di diritti d'informazione (anche collettivi) sui meccanismi automatici di monitoraggio e di decisione.

Andrea Allamprese è professore associato di Diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia