Si mobilita anche l’indotto dei servizi in appalto che ruota intorno agli stabilimenti Ex Ilva ArcelorMittal di tutta Italia. Obiettivo: bloccare i 6.300 esuberi ipotizzati dal colosso indiano al tavolo con le federazioni di categoria del comparto metalmeccanico. I tagli dei posti di lavoro e della produzione dell’acciaio si ripercuotono inevitabilmente nel sistema esternalizzato dei servizi, dove complessivamente operano seimila addetti, distribuiti nei settori delle pulizie industriali, della ristorazione, della vigilanza – circa cinquemila solo nello stabilimento tarantino - oltre alle centinaia di addetti impiegati nelle attività riferite ai comparti alberghiero, distribuzione commerciale e lavanderie, riconducibili ai servizi funzionali dell’impresa.

I sindacati di categoria hanno quindi proclamato per martedì 10 dicembre due azioni di sciopero di 24 ore indette da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti per i lavoratori delle aziende in regime di appalto nel settore servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi e da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs per i lavoratori addetti ai servizi di ristorazione e vigilanza. La manifestazione dell’intero indotto dei servizi in appalto confluirà nella iniziativa unitaria Cgil Cisl Uil già programmata a Roma in Piazza Santi Apostoli

I sindacati esprimono grande preoccupazione sul piano industriale presentato da ArcelorMittal ad appena un anno dall’insediamento e dalla stipula del contratto di affitto per la gestione dell’impianto siderurgico. L’ipotesi del taglio di 6.300 posti di lavoro e della produzione dell’acciaio coinvolge direttamente anche i lavoratori degli appalti che, sin dalla estate scorsa, hanno subìto la perdita di numerosi posti di lavoro e drastiche riduzioni delle ore lavorate e delle retribuzioni.

Per i sindacati è assolutamente prioritario lavorare congiuntamente per la realizzazione di una fabbrica ecosostenibile in Italia, che assicuri una prospettiva di serenità futura e garanzie in termini di sicurezza e salute alle migliaia di lavoratori e lavoratrici che quotidianamente entrano negli stabilimenti ArcelorMittal di tutta Italia, spesso per uno stipendio al limite della sopravvivenza.