Dopo il crollo del Ponte Morandi un altro viadotto del nostro sistema autostradale è stato travolto da una frana sull'autostrada A6 Savona-Torino e poche ore fa anche la chiusura della tratta della A26 fra l'allacciamento della A10 e lo svincolo di Masone. Fortunatamente non ci sono state vittime, ma il fatto risulta essere  meramente fortuito. È stata spazzata via un’arteria fondamentale che collega l’entroterra savonese con la costa e la Provincia di Savona con il Piemonte. Un colpo durissimo all’economia della provincia, non fosse altro perché quella è la strada che percorrono i torinesi quando vengono al mare nel ponente ligure. La strada che dovrebbero prendere i tir in uscita dal Porto di Vado e di Savona  per portare la merce a destinazione nell'entroterra valbormidese.

Una strada obbligata perché le infrastrutture su ferro non ci sono e gli ultimi investimenti fatti su tracciato a binario unico risalgono all’unità d’Italia. In una regione come la Liguria con la più alta concentrazione di gallerie e viadotti, su un territorio idrogeologicamente fragile, misuriamo ormai quotidianamente le contraddizioni di un modello di sviluppo che non è sostenibile. Abbiamo imparato a convivere con le continue allerte. È però difficile pensare di poter convivere con le frane che ti vengono addosso e con i ponti che vengono giù.

In questi anni si è consumata una sterile contrapposizione tra investire prioritariamente  nelle infrastrutture o nella cura del territorio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un fiume di parole e non succede mai nulla. Da questo punto di vista la Liguria e i liguri sperimentano sulla propria pelle anni di inerzia della politica. Nei prossimi giorni e per qualche settimana le parole d’ordine saranno lotta al dissesto idrogeologico e manutenzione delle infrastrutture. Tutto vero ma anni di incuria ci consegnano un quadro di difficile soluzione.

Quando si parla di investire nella cura del territorio sappiamo che qualunque cifra non basterebbe se non si contrasta il fenomeno di abbandono delle aree interne, che vuol dire avere un progetto di sviluppo che vada al di là delle singole emergenze. In altre parole si tratta di investire le risorse del Piano di Sviluppo Rurale per creare occasioni di lavoro vero in agricoltura per continuare a vivere il territorio, soprattutto quelle aree interne che senza infrastrutture restano isolate dal resto del mondo. È importante che la politica faccia sentire la propria vicinanza nel momento della tragedia, ma è ancora più importante lavorare in silenzio per trovare le risposte giuste. La Liguria sconta un pesante ritardo rispetto al resto del paese.

Non abbiamo ancora recuperato i posti di lavoro persi negli anni della crisi: mancano all’appello 30 mila posti di lavoro. E il lavoro che c’è è un lavoro prevalentemente povero, a bassa intensità di lavoro, in altre parole contratti con poche ore di lavoro per giunta mal pagate e tanto part time involontario. Nei primi 6 mesi dell’anno c’è stato un calo generalizzato dei lavoratori dipendenti e i settori più colpiti sono proprio quelli delle costruzioni e del commercio. 

Siamo la regione dove la cassa integrazione, soprattutto quella straordinaria, cresce di più, con un balzo del 67% nei primi 10 mesi di quest’anno, quasi tutta concentrata nelle province di Genova e Savona. In particolare Savona ha conosciuto un pesante processo di deindustrializzazione che è culminato nel riconoscimento dell’area di crisi complessa a settembre del 2016. Un’opportunità che rischia di essere messa pesantemente in discussione dagli ultimi tragici avvenimenti e dai ritardi del ministero competente. Dopo il decreto Genova è necessario un intervento straordinario per scongiurare il declino  di tutto il ponente ligure.

Servono investimenti certi sulle linee ferroviarie per le tratte Savona-Torino con la posa del secondo binario  e sulla direttrice  Savona-Alessandria. E, ancora, la messa in sicurezza e il ripristino delle strade provinciali da e per la Valbormida-Cadibona in primis, dell'autostrada Savona-Torino e Torino-Savona, la costruzione del casello di Bossarino Vado Ligure e l'allargamento della strada a scorrimento veloce tra Vado Ligure, Quiliano e Savona, lo sblocco dei cantieri attinenti alla Aurelia Bis, il ripristino della linea funicolare delle Funivie che trasporta e ambientalizza parte importante del trasporto delle rinfuse dal porto di Savona alla Valbormida e, infine, il raddoppio ferroviario di ponente Finale Ligure-Andora. È in gioco il futuro di parte importante dell’economia ligure e piemontese.

Federico Vesigna e Andrea Pasa sono segretari generali, rispettivamente, di Cgil Liguria e Cgil Savona