“Frane e smottamenti avvengono ogni anno nel nostro Paese, e sono fenomeni sempre più virulenti, a causa dei cambiamenti climatici in atto, e lo saranno ancor di più in futuro, con piogge ed esondazioni sempre più potenti e disastrose. Da sempre, il nostro territorio è estremamente fragile, con circa l’80% delle frane che avvengono a livello europeo. Questo dà l’idea della vastità del problema che, oltre a parlarne in modo emergenziale quando succede qualche evento, come in questi giorni, avrebbe bisogno di una lunga, particolare e continua vigilanza e cura, soprattutto a livello di controlli preventivi, che vadano ben al di là della tenuta di ponti e viadotti”. Così Simona Fabiani, area politiche sviluppo Cgil nazionale, intervenuta oggi a RadioArticolo1.

“Per risolvere la situazione, che è diventata strutturale, non servono grandi opere, ma spesso sono sufficienti piccoli lavori di manutenzione, come la pulitura dei canali di scolo della bonifica. Tale inadempienza, ogni volta che piove intensamente, provoca l’allagamento dei campi, a detrimento delle colture che vanno perdute. Per non parlare della mancata manutenzione dei tombini in una città come Roma, che causa il blocco del traffico e la formazione di autentici laghi per le strade. Per risolvere queste cose c’è bisogno di una gestione quotidiana ordinaria, non commissariale, come viene fatto. In tal modo eviteremmo ogni volta di contare i morti e di riparare i danni per miliardi che si verificano puntualmente”, ha proseguito la dirigente sindacale.

“Ci vuole assolutamente un piano nazionale contro il dissesto idrogeologico, ma da noi, ogni volta che cambia il governo, viene anche modificata la struttura d’intervento. La stessa ‘Italia sicura’, messa in piedi da Renzi e Gentiloni, che era quella che doveva accentrare la gestione, non era altro che un ente che contabilizzava richieste, spese e progetti, non avendo un input affinché le opere venissero fatte: secondo un rapporto della Corte dei conti, dal 2016 al 2018, solo il 20% delle risorse sono state attribuite alle Regioni, e tuttora la maggior parte dei fondi sono ancora lì, perché non si riesce a spenderli. Quindi, in realtà, tutte le strutture messe in piedi non hanno funzionato, soprattutto per colpa dei piccoli Comuni, che non riescono a fare progettazione e ad aprire cantieri per le opere da realizzare”, ha continuato l’esponente Cgil.

“Oltretutto, non va dimenticato che la maggior parte delle reti stradali sono di competenza delle Province, che, di fatto, sono enti sospesi, azzerati dal punto di vista politico, che restano in campo come geometria e geografia del Paese, senza quasi più poteri né risorse, privati della maggior parte del personale. Questo è un tassello in più che aggrava ulteriormente il quadro. A tal fine abbiamo chiesto al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, di aprire un tavolo con i sindacati, per cercare di trovare soluzioni a vicende sempre più drammatiche, come il dissesto del territorio. Nella legge di Bilancio 2020 ci sono un po’ di risorse e abbiamo fatto un calcolo complessivo: 65 miliardi a disposizione in un arco di quindici anni. Dentro tale somma c’è la lotta al cambiamento climatico, la decarbonizzazione, le energie rinnovabili, l’efficienza energetica, i progetti di sviluppo sostenibili, la messa in sicurezza delle scuole, la rigenerazione urbana. Dunque, un insieme di materie per cui le risorse a disposizione sono troppo poche e spalmate su un periodo troppo lungo. Perlomeno, speriamo si riesca a spendere al meglio il poco che c’è”, ha aggiunto la sindacalista.