Rischia di precipitare la situazione alla Vis Mobility, azienda di 50 dipendenti di Santa Sofia (Forlì), una zona già fortemente colpita dalla crisi che ha notevolmente impoverito il tessuto industriale e occupazionale della vallata del Bidente. L’azienda, che opera nel settore segnaletica e cantieristica stradale, è nata nel 2014 dal fallimento di Acis e Ciss (che allora occupavano quasi 200 dipendenti) e da tempo naviga in cattive acque, con difficoltà che hanno portato a una riduzione nel numero di occupati – erano quasi 80 al momento della costituzione – e al progressivo ritardo nel pagamento delle retribuzioni.

Spiegano in una nota Fim, Fiom e Uilm di Forlì: “Il quadro, già drammatico, rischia adesso di peggiorare perché, oltre a una situazione di ordini ancora abbastanza negativa dovuta anche al blocco di quasi 18 mesi di tutti i grandi cantieri per la riforma del codice degli appalti, è arrivata la decisione dei due istituti di credito con cui l’azienda lavora di ridurre drasticamente gli affidamenti. Una decisione giustificata da bilanci negativi e dalla necessità di un piano industriale in cui tutti i soci della realtà incrementino l’impegno finanziario, che però determina incertezza. Il credito concesso dalle banche è infatti utilizzato quasi esclusivamente per l’anticipo fatture, e il suo blocco ha determinato un’ulteriore riduzione della liquidità, rischiando di compromettere la continuità stessa dell’azienda non in grado di far fronte a tutti i suoi impegni”.

Nel tentativo di diminuire l’impatto potenzialmente devastante nei confronti dei lavoratori, è stata aperta negli scorsi giorni una cassa integrazione straordinaria della durata di un anno, in modo che l’utilizzo degli ammortizzatori sociali possa coprire i problemi relative agli ordini. “Ma questo non basta”, insistono i sindacati: “Per dare operatività e impedire la chiusura serve lo sblocco degli affidamenti bancari, fondamentali per dare respiro ai lavoratori e alle loro famiglie, ma anche la definizione di un piano industriale di largo respiro”. Per questo motivo le tre sigle, su mandato dell’assemblea dei lavoratori, hanno chiesto alla Prefettura la convocazione di un incontro urgente “in cui si rende necessaria la presenza sia dell’intera compagine sociale dell’azienda, per fare chiarezza su quadro di responsabilità e impegni, sia delle banche, volto a sbloccare la liquidità necessaria per la sopravvivenza a breve termine della società. È reale il rischio di un’ulteriore chiusura e di 50 licenziamenti che posso essere evitati con un intervento tempestivo delle istituzioni del territorio e la volontà delle parti in gioco di trovare una soluzione”.