"Oggi c'è una straordinaria piazza colorata. Questi sono i colori del lavoro, sventoliamo le nostre bandiere e i nostri abiti da lavoro. Siamo qui a dire al paese e al suo governo che il lavoro è l'unico centro importante. Se vogliamo un futuro dobbiamo costruirlo, per questo abbiamo sfilato nelle strade di Roma: per dire che il futuro ce l'abbiamo in testa". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha aperto il suo intervento dal palco di San Giovanni a Roma, concludendo la manifestazione nazionale della Cgil.

"Sul lavoro si giocano i nostri destini personali - ha spiegato - Siamo un paese bellissimo, con tanti pregi e problemi: se vogliamo pensare al futuro dobbiamo metterci in gioco, l'unica possibilità è creare lavoro". Camusso ha poi criticato il presidente del Consiglio: "Renzi con toni irrispettosi verso questa piazza, ha detto che è la Leopolda a creare lavoro. Ma noi sul lavoro non deleghiamo nessuno. Non siamo ossessionati dal numero 'ottanta', ma dalle cifre della disoccupazione, dai ragazzi che non hanno futuro. Il volto del cambiamento è nei lavoratori davanti alle fabbriche che proteggono il loro posto di lavoro. La preoccupazione vera - invece - è quella degli studenti che si chiedono se il loro studio avrà risultati, dei giovani che preparano la valigia e si sentono costretti a diventare migranti, come i loro nonni. Per tutti loro vogliamo cambiare verso. L'unico modo per farlo è creare lavoro, che riconosca dignità alla persone".

LA LEGGE DI STABILITA' NON CAMBIA VERSO
“La crisi e l’austerità mantengono e manterranno questo paese nella stagnazione e nella recessione. La legge di stabilità non cambia verso: è costruita con qualche taglio in più e qualche bonus in più, ma questo non basta per cambiare strada, per ricostruire giustizia e uguaglianza”. “La piazza di oggi – ha continuato – sa che senza lavoro non si cambia, bensì si arretra. E questa piazza non è la ‘passerella’ di qualcuno: è la piazza del lavoro organizzato di questo paese, che chiede e rivendica risposte”.

Camusso ha poi aggiunto che la Cgil porterà avanti in ogni sede le sue proposte sul lavoro, “costruendo alleanze, sperimentando tutte le forme di lotta possibili”, e se necessario continuerà “anche con lo sciopero generale, ma con il passo giusto, quello che usa la giusta forza e la fa valere”. Intanto, ha continuato, “saremo con i pensionati in piazza il 5 novembre prossimo, mentre l’8 novembre saremo con i lavoratori pubblici, e continueremo a proporre anche alle altre confederazioni le nostre proposte”.

L'ARTICOLO 18 E' TUTELA CONCRETA, VA ESTESO A TUTTI
Per Susanna Camusso "il governo è incoerente. E' assillato dai bonus, dall'articolo 18, ma questa è un'idea regressiva della funzione del governo sull'economia. C'è l'idea di una delega in bianco. Non si esce dalla crisi rendendo il lavoro più povero. Si ha davvero un'idea di come portare il paese fuori dalla crisi? Forse nella sua idea di futuro, al governo manca una memoria del passato. Il diritto del lavoro serve a riequilibrare un rapporto dispari tra il datore e il lavoratore. La nostra Costituzione dice chiaramente che il governo deve stare dalla parte dei più deboli, non di chi è già forte. Quando si tolgono le regole si dà l'idea che il lavoratore è una macchina: invece è una persona, ha i propri diritti dentro e fuori i luoghi di lavoro".

"Nessuno in buona fede può dire davvero che togliere l'articolo 18 e controllare i lavoratori con le telecamere possa servire per la crescita - prosegue il segretario -. L'articolo 18 difende la libertà del lavoratore e il suo essere cittadino, sono tutele vere e non ideologie, va esteso a tutti. Non sono i lavoratori che bloccano il paese. E' giusto fare la riforma della giustizia, ma che riforma è senza falso in bilancio e lotta alla corruzione? Sulla riforma della pubblica amministrazione, abbiamo la nostra proposta per un'amministrazione moderna".

DALLA PATRIMONIALE RISORSE PER LO SVILUPPO
"È troppo facile per il governo contrapporre cittadini e pezzi del mondo del lavoro anziché guardare dove si annida la corruzione, a chi gaudagna su caporalato, lavoro nero, o sulle gare al massimo ribasso - questo un altro passaggio dell'intervento -. Chiediamo al governo di fare come in Europa, perché l'Italia è l'unico paese a non avere una tassa sulle grandi ricchezze che va fatta". Proprio attrverso una patrimoniale, secondo Camusso, si avrebbero le risorse "per un Piano del lavoro  che determini posti di lavoro qualificati, che curano il paese, producono innovazione, mettano in sicurezza le scuole, gli argini dei nostri fiumi". Servono, insomma, scelte di politica industriale che "facciano davvero misurare il paese con un'innovazione rispettosa di ambiente e diritto lavoro".

 
"Per noi – ha detto la leader Cgil – non c’è una via di uscita dalla crisi se non si crea buon lavoro, mentre il governo pensa sempre a una via bassa allo sviluppo che non cerca investimenti e non compete su ricerca". Quanto all'Europa, non è sufficiente battersi sui decimali del deficit, occorre che Renzi dica chiaramente "che bisogna cambiare i trattati che, pensati per un'Europa in crescita, ma che ora non vanno più bene, non funzionano. Bisogna tornare all'Europa dei popoli, della Carta di Nizza, dei diritti".

LEGGE DELEGA SUL LAVORO NON VA BENE
“La delega sul lavoro non va bene. Non va bene per come interviene sullo Statuto dei lavoratori, perché non offre soluzioni sulla precarietà, perché vuole aggiungere il contratto a tutele crescenti alle già tante forme precarie esistenti”. Camusso ha aggiunto che se “davvero si vuole intervenire sulla precarietà occorre partire dall’abolizione di tutte le forme precarie, dalla riduzione della dualità, dal porre ed estendere le tutele, dall’affermazione del principio fondamentale che se due lavoratori svolgono lo stesso lavoro devono avere la stessa retribuzione”.

Il segretario si è poi concentrata sulla necessità di riformare e rendere universali gli ammortizzatori sociali: “ma questo nella delega non c’è, mentre invece ci sono meno risorse e una sostanziale riduzione, senza dimenticare che le norme sulla cassa integrazione rimangono quelle stabilite dalla Fornero”. Come fa il governo, ha continuato, a “sostenere che l’indennità di disoccupazione sarà per tutti, quando il conto è fatto per settimane, escludendo così tanti lavoratori, come quelli a chiamata o a termine?”. Ha poi aggiunto, riferendosi all’ipotesi del governo di inserire il Tfr dei lavoratori direttamente in busta paga, che questo viene proposto “per ricavare due miliardi di nuove tasse, oltre al fatto che in questo modo si sfasciano i fondi di previdenza complementare”.

INIZIA LA BATTAGLIA PER IL LAVORO
"Sappiamo che tante idee della legge delega sul lavoro vengono da Confindustria. E pensiamo che gli scioperi e le lotte vanno collegate all'azione sindacale in azienda, dove bisogna contrattare affinché la produttivitè si costruisca con la qualità degli investimenti, mentre puntare sulla precarietà non rappresenta un investimento sul futuro". "Qualcuno – ha aggiunto – ci dice che i lavoratori che rappresentiamo noi sono quelli forti e tutelati: bene vorrà dire che metteremo la forza e l'esperienza che abbiamo acquisito in tanti anni di lotta a disposizione dei lavoratori più deboli o addiriittura invisibili".

Camusso si è rivolta anche a Confindustria: "Gli industriali dicono che dobbiamo stare insieme. Ma perché non dicono una parola quando le industrie vanno all'estero? Perché rifiutano le clasuole sociali nei cambi di appalto? Probabilmente perché hanno sposato l'idea che basta intervenire sull'articolo 18...". Poi, rivolta a Renzi, la leader Cgil ha detto: "Al presidente del Consiglio, che vedremo lunedì, dico che noi non abbiamo nostagia della concertazione, perché questa si può esercitare quando si condividono obiettivi e finalità. Non è così: la nostra idea del paese è diversa da quella di questo governo. La nostra si fonda sui diritti e sul lavoro e su questo chiediamo confronto e contrattazione".

"Sappiamo – ha concluso –, che la situazione non è semplice, ma la nostra vertenza è solo l'inizio di un cammino. Nessuno, neanche il governo, può cancellare la voce del lavoro. Ci vedremo ancora, in piazza e negli scioperi che faremo. Al lavoro e alla lotta, dunque".