da Rassegna.it   Ivana Galli (Cgil) illustra azioni e strumenti per ridare dignità al lavoro, dopo anni di leggi sbagliate, a cominciare dal Jobs Act. Si è creato un mercato degli invisibili, lo sfruttamento è diventato norma, ma il sindacato non è stato a guardare   Ricomporre il lavoro per affermare legalità. Ridare dignità al lavoro. Ricomporre i diritti e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori che lavorano in una filiera produttiva, in un cantiere, in un centro commerciale, in un supermercato, in un ospedale, in un ministero, nelle università, in un'azienda, nella logistica, in un sito produttivo, in un aeroporto. Ricomporre la fiducia nelle istituzioni. Questo lobiettivo che ha dinanzi a sé il mondo del lavoro, oggi, e queste le parole con cui Ivana Galli, segretaria confederale Cgil, ha aperto lincontro dedicato al tema "La ricomposizione del lavoro con la contrattazione. Diritti, legalità, inclusione", sabato 21 settembre a Lecce, nel corso delle Giornate del lavoro della Cgil.  La dirigente sindacale ha illustrato le macerie e i disastri derivati da anni di leggi e pratiche che hanno frammentato e indebolito il lavoro, nella logica liberista in cui solo il mercato regola, con la disintermediazione imperante che ha smontato la legislazione del lavoro, e infine con l'approvazione del Jobs Act.  "Lo sfruttamento è diventato normale nell'indifferenza generale, portando a un mercato del lavoro fatto da invisibili, ha detto Galli. Ad esempio in agricoltura, che è il traino dell'export con eccellenze e colture di pregio, al milione di occupati si aggiungono oltre 400 mila lavoratori in nero sottopagati e sfruttati.  La mancanza di investimenti pubblici per far ripartire l'economia e l'occupazione - ha proseguito la segretaria confederale - ha avuto come conseguenza la riproposizione di ricette politiche tutte tarate sulla nuova dimensione di deregolamentazione del mercato del lavoro, con ingenti investimenti pubblici finiti nelle casse delle aziende sul principio dell'incentivazione diretta. Il tempo purtroppo ci ha dato ragione. Queste politiche non hanno prodotto nessun beneficio, nessun livello occupazionale nei termini neanche di rilancio degli investimenti privati. Nel frattempo la scomposizione dei cicli produttivi ha creato una pericolosa e dannosa competizione fatta sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori e funzionale solo al profitto delle imprese.