Era il 23 dicembre del 1978 e il Paese celebrava la nascita del Sistema sanitario nazionale che dava, finalmente, attuazione all’articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”. Un uomo e una donna i ”genitori” di quella legge, Giovanni Berlinguer, relatore del testo al Senato, e Tina Anselmi ministra della salute. Tre i pilasti della norma che vide la luce grazie alla mobilitazione di cittadini e cittadine, di lavoratori e lavoratrici che chiedevano il rispetto della Carta: prevenzione, cura e riabilitazione in un sistema pubblico e universale.

La stagione delle riforme

Gli anni Settanta del secolo scorso furono quelli delle leggi che cambiarono il volto del Paese, dal nuovo diritto di famiglia alla legge Basaglia; dallo Statuto dei lavoratori, al divorzio, all’interruzione di gravidanza. Leggi approvate dal Parlamento in una stagione di governi democristiani. Riforme fondamentali per la modernizzazione dell’Italia, frutto delle grandi battaglie sociale e civili che attraversavano piazze e strade. Riforme che affondavano le radici nella Costituzione antifascista e repubblicana.

Dalle assicurazioni all’universalità del diritto alla salute

A definire sostanza e caratteri della legge del ‘78 fu proprio Tina Anselmi nel suo discorso in Parlamento: “Globalità delle prestazioni, universalità dei destinatari, eguaglianza dei trattamenti, rispetto della dignità e della libertà della persona". Mai parole furono più moderne e attuali e trasformarono un sistema sanitario fondato sulle assicurazioni e che, quindi, acuiva le diseguaglianze, in uno fondato sull’esigibilità del diritto alla salute.

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Il Ssn ha fatto crescere l’Italia

“Il nostro pensiero - afferma Cristiano Zagatti, coordinatore Area Stato Sociale e responsabile delle Politiche della salute della Cgil - non può non correre con infinita gratitudine, stima e orgoglio all’allora ministra della Salute che non desistette nel portare avanti una lotta ciclopica, combattendo e vincendo resistenze politiche, corporative e professionali che fu in grado di condurre tutta l’Italia e tutti gli Italiani dentro una riforma sanitaria che ci permise di crescere nel Ssn che conosciamo oggi o che abbiamo conosciuto”.

"Un servizio sanitario – aggiunge Zagatti – che ci ha sempre assicurato la reale tutela di un diritto inviolabile: il diritto alla salute. E non solo ci ha tutelato, ma è stato in grado di crescere migliorandosi, garantendo qualità dei servizi e delle prestazioni, rendendoci orgogliosi, fieri e a tratti ammettiamolo, privilegiati per questa organizzazione che ha superato il concetto di salute della persona portandoci ad un livello più elevato: la salute collettiva”.

Sanità italiana malata grave

Sicuramente in questi 45 anni la salute degli italiani e delle italiane è migliorata, l’aspettativa di vita è aumentata. Oggi, però, non si può non registrare una battuta d’arresto in questo processo, se non un arretramento. A testimoniarlo, ad esempio, è la riduzione dell’aspettativa di vita certificata dall’Ocse. Negli ultimi 15 anni il Ssn ha subìto tagli per oltre 35 miliardi di euro, il blocco del turn over e il conseguentemente sottodimensionamento del personale, la riduzione di posti letto ospedalieri e strutture.

A pagarne le conseguenze gli operatori e i cittadini. Afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “Il Ssn non spegnerà 45 candeline in un clima festoso, sotto il segno dell’universalità, dell’uguaglianza, dell’equità. I suoi princìpi fondanti sono stati ormai ampiamente traditi. Perché la vita quotidiana delle persone, in particolare quelle meno abbienti, è sempre più condizionata dalla mancata esigibilità di un diritto fondamentale, quello alla tutela della salute”.

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Difendere o rilanciare?

Questo è il punto, non basta chiedere un po’ più di risorse e un aumento di personale per riaffermare i cardini della riforma promessa dalla legge 883 del 78. Aggiunge Zagatti: “Oggi dopo aver attraversato uno dei momenti più difficili come la pandemia di Sars-Cov2, dopo essere costretti ogni giorno ad assistere alle evidenti sofferenze del Ssn imposte dalla politica, dopo l'ascolto delle tante, troppe dichiarazioni che ne denunciano il carattere eccessivamente solidaristico e universalistico – quando ogni giorno leggiamo sulle facce di chi il Ssn lo vive quotidianamente come professionista o come utente tanta stanchezza – dopo anni di lotta del sindacato per difenderlo e sostenerlo, oggi in questa importante giornata ci piacerebbe dire che la corsa alla difesa del Ssn deve finire”.

Attuare la Costituzione

Occorre tornare allo spirito e ai valori della Carta, proprio oggi in una stagione in cui sotto l’etichetta delle riforme istituzionali traspare evidente la volontà di manomettere la Costituzione e la sua promessa di eguaglianza. Non è un caso che si persegua strenuamente la riduzione del perimetro di tutto ciò che è pubblico, dalla scuola ai servizi sociali fino alla sanità. E allora l’impegno dell’oggi non può che contrastare questa volontà per attuare quell’articolo 32 alla base della legge del ‘78.

L’impegno per il presente e il futuro

“Oggi - afferma il dirigente sindacale - dobbiamo avviare l’era del rilancio del Ssn. È il momento della riconquista del carattere universalistico della salute della collettività. È l’epoca della resilienza rafforzata a favore della profonda ed etica consapevolezza che la salute pubblica è il primo di tutti i diritti e che merita, come è successo quando nacque un nostro continuo, profondo, accanito sforzo”.

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