Menzogne e propaganda. Questa una delle attività principali di Meloni e del suo governo. Purtroppo la realtà è assai diversa dagli annunci veicolati dalla Tv di stato con l’aggiunta della data delle prossime elezioni europee. Nessun anziano non autosufficiente avrà mille euro in più al mese. Proprio nessuno, nonostante quanto affermato dal Tg1 nell’edizione di prima serata dello scorso 26 gennaio.

Cosa dice il decreto

Finalmente è arrivato il testo del decreto legislativo approvato sul filo di lana. Infatti, la legge delega sulla non autosufficienza prevedeva che il decreto venisse approvato entro il 31 gennaio, il Consiglio dei ministri l’ha licenziato lo scorso 26, annunciando a reti e giornali unificati l’introduzione di uno strumento universale per tutti i non autosufficienti. Ma il testo dice altro.

“Lo schema di decreto legislativo su anziani e non autosufficienza contiene troppi rinvii e nessuna risorsa per dare risposte ai bisogni di milioni di anziani non autosufficienti, purtroppo dobbiamo confermare il nostro giudizio”. È quanto dichiara la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi, sul decreto appena arrivato in commissione Affari sociali della Camera.

Nulla di universalistico

Innanzitutto perché – purtroppo – le persone non autosufficienti non sono solo anziane. Sono in tale condizione, bimbi e bimbe, giovani e adulti e per loro non è previsto proprio nulla. Poi perché a voler guardare solo la platea degli anziani, nemmeno tutti loro riceveranno il contributo. “A livello nazionale – prosegue Barbaresi citando l’elaborazione dell’Area Stato sociale e diritti della Cgil nazionale basata su dati Inps e Istat – si stima che la misura riguarderà al massimo 24.500 persone, a fronte di una platea di 3,8 milioni di anziani non autosufficienti, di cui un milione con l’assegno di accompagnamento: solo lo 0,6% degli anziani non autosufficienti e il 2,3% degli over 80 anni con assegno di accompagnamento”.

Qualche esempio

Secondo il testo dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026, in via sperimentale, gli anziani non autosufficienti riceveranno un contributo di 850 mensili per il lavoro di cura di cui necessitano. Intanto è bene ricordare che il salario di un assistente familiare in convivenza (perché a ore costa assai di più) secondo contratto collettivo di lavoro ammonta a circa 1.050 euro mensili più tredicesima Tfr e contributi per un esborso complessivo che si aggira attorno ai 1.500 euro mensili. E poi, per aver diritto al contributo occorre aver compiuto 80 anni, ricevere l’indennità di accompagno dall’Inps e avere in Isee sotto i 6.000 euro.

Risultato: che in una regione come la Lombardia, con oltre mezzo milione di anziani non autosufficienti (di cui 157 mila con assegno di accompagnamento) i possibili percettori degli 850 euro per “remunerare il costo del lavoro di assistenza e cura” saranno meno di 3.650 anziani. In Emilia-Romagna si attesteranno su circa 1.530 (con 345 mila anziani non autosufficienti di cui 66 mila con l’accompagnamento), mentre nel Lazio saranno circa 2.590, in Sicilia 1.940, in Umbria 670.

Il gioco delle tre carte

Sempre a stare agli annunci, per gli anziani non autosufficienti si sarebbe stanziato un miliardo di risorse aggiuntive. Anche questa è una falsità, dice ancora la segretaria nazionale: “Dopo gli annunci trionfalistici evocanti suggestive cifre a nove zeri di presidente del Consiglio, ministra e viceministra del Lavoro e politiche Sociali, i numeri contenuti nel testo confermano la totale assenza di risorse aggiuntive per finanziare le nuove misure. In particolare - sottolinea la dirigente sindacale - non c’è nessun euro in più per sostenere la cosiddetta ‘prestazione universale’ di 850 euro al mese, che di universale ha ben poco, poiché i destinatari sono individuati con criteri estremamente restrittivi”. Per finanziare la prestazione si stornano già destinate alle stesse persone.

Senza risposte

La conclusione di Barbaresi è davvero amara: “Al di là degli annunci, la realtà è che la quasi totalità delle persone che attendevano risposte alle loro fragilità e ai loro drammi continueranno ad essere lasciate sole. Inoltre – aggiunge – se il governo è riuscito a rispettare la scadenza del 31 gennaio prevista dalla legge delega, sono più di venti i rinvii a ulteriori decreti attuativi, linee guida e disposizioni di legge regionale da adottarsi nei prossimi mesi. Tutto rimandato o quasi, dunque, in quanto il nodo delle risorse ha evidentemente impedito di trovare nel decreto indicazioni precise sulla realizzazione della rete domiciliare e sul rilancio della residenzialità, senza le quali – conclude - non ci potrà essere nessuna reale presa in carico della condizione di fragilità della persona anziana da parte del sistema pubblico”.

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