La scorsa settimana nell’area metropolitana di Napoli, la Fp Cgil e la Fp Cgil Medici hanno organizzato davanti ai Pronto Soccorso presidi con il personale che avevano il braccio listato a lutto per dare voce a chi non ha voce: i cittadini e i lavoratori.

I Pronto Soccorso (PS) rappresentano la spia della crisi strutturale del Ssn, lì la Costituzione è sospesa e lavoratori e cittadini sono vittime di un sistema che nega diritti e dignità.

Il braccio listato a lutto ha un duplice significato, esprime solidarietà al personale del PS, che lavora in condizioni disagiate e spesso è vittima di aggressioni, e ai cittadini ai quali viene negata la dignità, ma anche un segno di lutto per la morte del Servizio Sanitario Nazionale pubblico, equo e universale.

La sanità pubblica è prossima al collasso come evidenziano analisi e studi. La Nadef (Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza) certifica il definanziamento. A legislazione vigente, la spesa per la sanità si ridurrà dal 6.6% rispetto al Pil nel 2023, al 6.2 nel 2024 e al 6.1 nel 2026, mentre la media Europea è del 7.9%. In termini assoluti significa che il FSN diminuisce di 2 miliardi l’anno, dai 134.7 miliardi del 2023 ai 132.9 miliardi del 2024.

È la cronaca di una morte annunciata, come dichiarato dalla segretaria generale Fp Cgil, un definitivo colpo di grazia al Ssn pubblico e una ulteriore spinta verso il privato, testimoniato anche dalla crescita della spesa sanitaria sostenuta dalle famiglie che nel 2023 viaggia oltre i 40 miliardi.

Con liste di attesa infinite, con tempi per visite specialistiche ed esami che si allungano di mesi e anni, con oltre 4 milioni di italiani che rinunciano alle cure per problemi economici, con i PS che traboccano di pazienti in barella in attesa di ricovero per settimane, con prevenzione e screening fermi al palo, con agevolazioni fiscali alle assicurazioni sanitarie e al welfare aziendale, con aumento delle disuguaglianze di salute e di accesso, sembra che ammalarsi sia diventata una colpa da espiare e lavorare nel pubblico un dantesco girone infernale.

Questo Governo continua ad accanirsi contro i poveri, i migranti, gli ammalati ed a colpevolizzarli. N, ammalarsi non è una colpa! I cittadini non possono essere distinti in “sommersi e salvati”!

È immorale che dietro la “libera scelta del cittadino” in maniera ipocrita si nasconda il doppio binario di accesso alle cure che rappresenta la negazione di quanto sancito dalla Costituzione la quale esclude, in maniera categorica, che il diritto alla cura dipenda dalla propria condizione economica!

Davanti a questo baratro è giusto chiedersi se il diritto costituzionale alla salute, sia ancora garantito dallo Stato e se la Legge 833/1978, istitutiva del Ssn pubblico, equo, uniforme, universale, gratuito, sia ancora vigente.

La Legge 833, approvata nel 1978 sulla spinta di una stagione di mobilitazione e di conflitti sociali, è caratterizzata dall’equità di accesso, dall’uguaglianza delle cure, dall’universalità dei diritti, dalla gratuità con la fiscalità generale, dalla uniformità territoriale, dall’unitarietà dell’intervento sanitario con la presa in carico dei bisogni di salute, dalla centralità della prevenzione e dalla partecipazione democratica.

Ma già agli inizi degli anni 90 del secolo scorso iniziò un percorso legislativo, di matrice neoliberista, finalizzato a contro riformare, destrutturare e snaturare questa conquista democratica.  

In 30 anni la sanità si è trasformata in un mercato dove i diritti sono stati subordinati alla economia ed i grandi gruppi finanziari cercano di aumentare i profitti.

La salute, da diritto fondamentale ed universale, è diventata un costo tra i tanti dello Stato e il Sistema Sanitario è divenuto un prodotto del mercato.

La mercificazione della salute ha determinato la sostituzione dell’universalismo della offerta sanitaria, fondata sui bisogni e sui diritti, con la selettività della offerta, in considerazione del maggior profitto, privilegiando la prestazione rispetto alla presa in carico e alla relazione di cura, trasformando i cittadini in clienti/consumatori.

Il risultato di questo cambio di paradigma è meno prevenzione e più malattia, aumento del finanziamento alla sanità privata accreditata, defiscalizzazione del welfare aziendale e dei fondi sanitari, scorporo della committenza dalla produzione con competizione tra le aziende, libera professione intramoenia “privata” esercitata dai medici all’interno della struttura pubblica.

A ciò si aggiunga, nel 2001, la modifica del Titolo V con la introduzione del Regionalismo Sanitario che, favorendo la competizione tra le Regioni, ha ulteriormente aumentato le disuguaglianze di salute ed ha aperto la strada all’attuale progetto eversivo di Autonomia Differenziata.

“La sanità pubblica è un patrimonio prezioso da difendere”, ha affermato il Presidente della Repubblica e l’occasione per sostenerlo è rappresentato dalla manifestazione promossa dalla Cgil insieme ad associazioni laiche e cattoliche.

Il 7 ottobre la Cgil sarà a Roma per contrastare la deriva privatistica del Ssn pubblico, perché ammalarsi non può essere una colpa!

Una mobilitazione sociale contro le politiche del Governo, per contrastare il Disegno di Legge Calderoli, per difendere i servizi pubblici, per aumentare le retribuzioni e le pensioni, per attuare la Costituzione e rendere esigibili i diritti in maniera uniforme sul territorio italiano: una mobilitazione decisiva per il futuro del nostro Paese!

Giosué Di Maro, Segretario Fp Cgil Campania e Fp Cgil Dirigenza Medica e Sanitaria