Quasi tre milioni di persone non autosufficienti, non tutte anziane; 950 mila donne e uomini iscritti nelle liste speciali di disoccupazione da anni non trovano risposte al proprio diritto al lavoro. Questi i numeri di quella che non impropriamente si può definire una vera e propria emergenza sul fronte dei diritti, a cominciare appunto – da quello al lavoro. Il lavoro che per tutti, ma soprattutto in questo caso, non è solo lo strumento per garantire a sé e alla propria famiglia la sussistenza, ma anche strumento di costruzione della propria identità fuori dagli stereotipi dell’handicap, e strumento di costruzione della piena cittadinanza.

Veniamo da due anni di pandemia che hanno ristretto il mercato del lavoro, e di certo i venti di guerra che soffiano potenti portandosi dietro il rallentamento della ripresa cominciata nel 2021 – sebbene contrassegnata da occupazione precaria – non portano a un aumento dei posti. Sulle persone con disabilità tutto ciò ha conseguenze ancora più pesanti. “Il lavoro non è una merce e dunque disoccupazione e precarietà rendono maledettamente più difficile per una persona con disabilità l’inclusione lavorativa", afferma Nina Daita, responsabile delle Politiche per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità della Cgil. "Tutto questo – aggiunge l'esponente della Cgil – rende più facile abbandonare di un progetto di vita, con rischi di regressione per i nostri ragazzi con disabilità. Regressione di competenze faticosamente acquisite, per non parlare delle conseguenze che il momento attuale sta portando”.

L’inclusione dei disabili nel mondo del lavoro è stata introdotta nel nostro ordinamento da una legge, la 68 del 1999, che aveva e ha come obiettivo proprio quello, da un lato di garantire il diritto al lavoro nel rispetto delle possibilità e peculiarità del lavoratore o della lavoratrice, e dall’altro di rendere “conveniente” alle aziende assumere. La legge prevede la necessità di collocare gli individui con disabilità in una posizione lavorativa compatibile al loro stato di salute; il collocamento mirato è obbligatorio per chi possiede un’azienda con più di 15 dipendenti; il numero di disabili che è obbligatorio assumere varia poi in maniera proporzionale al numero di dipendenti. Il conto comprende i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato e nel momento in cui viene comunicato l’obbligo assunzione dei disabili, il datore di lavoro deve presentare la richiesta di assunzione entro e non oltre 60 giorni. Per le aziende che ottemperano a questo obbligo sono previsti degli “sconti” sui contributi da versare all’Inps. Ma per includere davvero nel mondo del lavoro, così come prevede appunto la legge, occorre predisporre progetti personalizzati che coinvolgano, oltre al datore di lavoro, anche i centri per l’impiego e i servizi sociali e territoriali, così come previsto dalle linee guida per inserimento lavorativo dei disabili presentate lo scorso marzo dal ministro del Lavoro Andrea Orlando e dalla ministra per la Disabilità Erika Stefani.

Se le norme ci sono, la realtà è che sono – appunto – oltre 900 mila le persone iscritte nelle liste per il collocamento obbligatorio e lì rimangono. Dice ancora Daita: “Le istituzioni debbono capire che per le persone con disabilità la certezza di un lavoro è un’occasione per partecipare pienamente alla costruzione della società in cui si vive. Partecipare democraticamente e dignitosamente vuol dire avere le stesse opportunità in una comunità, e non è poco. Anzi, è tutto per una persona, è lo sviluppo della propria dignità, delle proprie capacità, qualunque essa sia la disabilità. Innanzitutto, è una persona, e persona è un termine che comprende tutto: vita, sentimenti, lavoro, capacità; in poche parole il diritto di esistere e la dignità della vita. Purtroppo, oggi, persone con disabilità, soprattutto le più gravi, sono ancora ghettizzate, emarginate, come se fossero un rifiuto della società”.

Intervenire è possibile. Da tempo la confederazione guidata da Maurizio Landini ha predisposto una serie di proposte e a ricordarle è la stessa Daita sottolineando l’importanza di “predisporre un piano nazionale per assumere persone con disabilità, di definire politiche attive specifiche e provvedimenti di controllo tesi ad azioni di stimolo e di sviluppo, di istituire una commissione interministeriale con la partecipazione anche della Conferenza Stato-Regioni”.

Il confronto è necessario. Per cominciare a parlarne l’appuntamento è fissato per oggi alle 10. L’apertura dei lavori è affidata a Tania Scacchetti, segretaria nazionale della Cgil; gli spunti della riflessione saranno forniti da Nina Daita, responsabile Politiche per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità della Cgil. Al confronto parteciperanno Daniela Bucci, sociologa del lavoro; Raffaele Tangorra, commissario straordinario Anpal; Juri Cerasini, del coordinamento territoriale disabili; Pasquale Tridico, presidente Inps, Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria di Stato ministero dell’Economia e delle Finanze; modera Paola Severini Melograni, giornalista e conduttrice Rai. Conclude i lavori Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.