In tre anni le borse di specializzazione per i medici sono triplicate. Certo questa è una buona notizia, anche se tardiva visto che da anni è nota la mancanza di anestesisti, ginecologici, pediatri. Eppure, già prima della pandemia e con essa il fenomeno si è assai amplificato, interi reparti ospedalieri si reggono sul loro lavoro. Così imparano, si dirà, certo ma anche questi medici, che senza la specializzazione non potranno accedere alla stabilizzazione nel Sistema Sanitario Nazionale, hanno diritto a non essere sfruttati. La loro sicurezza è anche alla nostra, visto che le loro cure e il loro lavoro è rivolto ai pazienti.

Chi si cura di te? Associazione di medici specializzandi, lo scorso anno ha promosso un'indagine fra circa 330 medici iscritti alle scuole di specializzazione, per scoprire se le poche regole sull'orario di lavoro effettivo e le tutele esistenti in materia di riposo, malattia e assenze siano rispettate negli ospedali italiani. “I risultati mostrano un quadro che genera rabbia, ma non stupore – afferma Alice Clemente di Chi si cura di te? - nella quotidianità dello specializzando le tutele poste dal contratto di formazione sono un miraggio”.

I medici specializzandi lavorano, in media, da un minimo di 45 ore a un massimo di 60 a settimana, in piena violazione non solo del limite di 38 ore, ma spesso anche della Normativa Europea in materia, che pone un limite massimo di orario di 48 ore settimanali, straordinari compresi a cui, comunque, gli specializzandi non possono accedere in quanto non inquadrati come lavoratori. Inoltre, il 39% degli intervistati risponde che non sono previsti in nessun modo i riposi dopo i turni di guardia (sia diurno, sia notturno) mentre circa il 20% riporta un’ampia discrezionalità in base al tutor in servizio. Significa, quindi, che in più della metà dei casi i medici specializzandi lavorano anche dopo turni di guardia, anche questo in violazione della normativa in materia.

Infine, solo la metà dei partecipanti ha dichiarato di aver usufruito dei 30 giorni di assenza giustificata previsti dal contratto di formazione. Altre risposte indica l’abitudine ad autorizzare le assenze solo quando "maturate", o evidenziavano la difficoltà fattuale nello sfruttare le assenze. Il 15% dei partecipanti all’indagine, inoltre, ha dichiarato di aver dovuto utilizzare giorni di assenza giustificata per coprire le assenze per malattia, che invece sono conteggiati a parte, come ribadito da una nota del Miur del 2019.

La domanda che ci poniamo è a questi giovani medici quanto tempo rimane per studiare? Non dimentichiamo infatti che stiamo parlando di medici in formazione specialistica. E poi, quanto fatica e stress oltre a nuocere a loro, sono rischiosi per i pazienti? Riflette Alice Clemente: “Nel complesso le testimonianze da noi raccolte danno dimostrazione del quadro ben noto di scarse tutele, sfruttamento e, a volte, veri soprusi da parte dei Direttori di Scuola o dagli strutturati. Tali condizioni non rappresentano eccezioni o casi isolati, ma sono diretta conseguenza dell’ambiguità della nostra figura: lavoratori a tutti gli effetti, ma inquadrati come studenti".

L'associazione ritiene che il cambiamento reale possa arrivare solo da una riforma complessiva delle specializzazioni mediche, passando a un vero Contratto Collettivo Nazionale della Formazione medica, inquadrato all’interno del Ccn della dirigenza, con graduale acquisizione di competenze e responsabilità e con la possibilità di una rappresentanza sindacale reale. “Vogliamo inoltre – conclude Clementi - porre l'accento su come lo sfruttamento degli specializzandi vada a sopperire alle carenze di organico tra i dirigenti medici del Ssn. Per questo è urgente che si ricominci ad assumere dirigenti medici con contratti a tempo indeterminato”.