“È necessario superare l'attuale sistema previdenziale, non intervenendo con semplici ritocchi ma operando una riforma complessiva. Occorre avviare al più presto un confronto tra governo e sindacati in previsione della scadenza di fine anno di Quota 100 e della prossima Legge di bilancio”. Lo ha detto oggi (6 ottobre) il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli, durante l’audizione presso la Commissione lavoro della Camera dei deputati sul tema pensioni.

Per la Cgil è arrivato il momento di affrontare la questione in modo completo, superando i tanti interventi d’emergenza o tampone degli ultimi anni. Per questo Ghiselli ha ribadito, anche nella sede parlamentare, le proposte indicate nella Piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil. “Va introdotta una flessibilità in uscita a partire da 62 di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età”, ha specificato Ghiselli, secondo il quale “è necessario riconoscere la diversa gravosità dei lavori, prendendo a riferimento il contributo elaborato dall'apposita Commissione tecnica, valorizzare il lavoro di cura e delle donne che più di tutti hanno subito il peso delle riforme degli ultimi anni. Bisogna poi introdurre una pensione contributiva di garanzia per coloro che svolgono lavori poveri, discontinui o precari, che sono soprattutto i più giovani – ha aggiunto Ghiselli – garantendo un assegno pensionistico dignitoso”.

Il quadro generale
Le proposte del sindacato tengono conto ovviamente della situazione generale e del quadro complessivo. “Il passaggio ad un sistema ormai prevalentemente contributivo – ha precisato Ghiselli – garantisce anche un equilibrio del sistema in via prospettica”. “Torniamo a chiedere all'Esecutivo l'apertura di un tavolo. È grave – ha concluso – che questo non sia ancora avvenuto”.

Flessibilità in uscita
Diverse sono le proposte di legge che prevedono una flessibilità in uscita, la maggior parte delle quali però prevedono un elevato numero di anni di contributi, superiori a 35, per potervi accedere. "Limiti così elevati sono comprensibili se associati ad una possibile uscita con un’età più bassa, come Opzione donna o come la pensione anticipata, ma non possono a nostro avviso essere la condizione di anticipo per un’età superiore ai 62 anni, e in questo caso pensiamo vada assunto come riferimento il requisito contributivo della pensione di vecchiaia che è di 20 anni". 

Basta penalizzare le fasce deboli 
Diversamente si precluderebbe la possibilità di una uscita flessibile alle fasce più deboli del mercato del lavoro, come le donne o chi svolge lavori discontinui. "Siamo consapevoli - ha detto oggi Ghiselli - che sia necessario mantenere una soglia minima di pensione da raggiungere per poter anticipare il pensionamento. La legge Dini prevedeva l’1,2 volte l’assegno sociale. L’attuale 2,8 è decisamente discriminante e andrebbe drasticamente ridotto. Per le donne e per chi fa lavori di cura la Cgil pensa ad un rafforzamento della tutela, naturalmente considerando centrale l’impegno per la parità di genere sul lavoro e nella società e la redistribuzione del lavoro di cura". 

Contributi riconosciuti per le madri
La legge Dini già prevede nel contributivo 4 mesi di riconoscimento per ogni figlio, per massimo di un anno totale, da poter valorizzare o come anticipo pensionistico o come maggiorazione del trattamento. Si tratterebbe di estendere questo beneficio al sistema misto e retributivo e di innalzare a un anno il periodo riconosciuto per ogni figlio. La Cgil propone inoltre un sistema analogo per chi ha svolto lavori di cura, soprattutto al di fuori del proprio periodo di lavoro, riconoscendo un anno ogni 5 dedicati alla cura. Crediamo sia necessario rafforzare le misure a favore di altre categorie meritevoli di una particolare attenzione presenti nel mercato del lavoro, ad iniziare da quello attualmente ricomprese nell’Ape sociale. 

Ripartire dai lavori gravosi
In particolare "il lavoro della Commissione sulle attività gravose, con tutti i suoi limiti e con le diverse incongruenze che si possono rilevare, rappresenta una base per individuare altre mansioni da considerare gravose, sulla base di indicatori il più possibile oggettivi. Andrebbe inoltre estesa la possibilità di un intervento a favore dei disoccupati di lunga durata o di chi beneficia degli ammortizzatori sociali senza la prospettiva di una ripresa lavorativa. O chi è considerato lavoratore fragile o ha avuto il riconoscimento di una malattia professionale da parte dell’Inail", ha precisato Ghiselli.

Una pensione per i giovani
Argomento altrettanto decisivo in prospettiva è quello relativo ai giovani e a chi fa lavori discontinui o poveri. Su questo la Cgil rilancia l'idea di una pensione contributiva di garanzia che possa garantire una pensione dignitosa a coloro che sono destinatari del sistema contributivo, che non hanno alcuna integrazione del trattamento pensionistico. Una pensione di garanzia che, per le persone che al termine del loro percorso lavorativo non sono state in grado di costruirsi una pensione dignitosa, valorizzi tutti quei periodi che hanno avuto una scarsa o nessuna copertura contributiva, come i periodi di lavoro part time, di formazione, di studio, di inoccupazione legati a politiche attive, che venga calcolata in maniera crescente sulla base degli anni di contribuzione e di età di accesso al pensionamento.