Nelle regioni meridionali risiede il numero maggiore di persone sotto la soglia della sopravvivenza: sono le vittime dell’arretratezza economica e sociale che dura da moltissimi decenni. La pandemia ha certamente aggravato la situazione, ma i recenti dati dell’Istat consegnano una realtà dalle tante facce: ci sono molti poveri al Sud ma in questi mesi sono aumentati anche al Nord. Secondo la sottosegretaria all'Economia, Maria Cecilia Guerra, sia l’aggravarsi delle situazioni preesistenti che le nuove povertà dipendono da come è costruito il mercato del lavoro italiano.

Lavoro povero, in appalto e precario schiacciano soprattutto donne e giovani in condizioni di grande fragilità. Per quanto riguarda la povertà dei giovani, ricorda la sottosegretaria, “è molto legata alle difficoltà di accesso in modo dignitoso al mercato del lavoro. Così come l'assenza totale, ad esempio, di servizi di cura in molte parti del Paese, comporta la difficoltà di avere due redditi in famiglia, averli in modo adeguato e quindi abbiamo una povertà molto forte nell'ambito delle famiglie con figli. Ovviamente il coronavirus ha ulteriormente aggravato la situazione”.

Certo, nel corso di questi mesi i governi che si sono alternati a Palazzo Chigi hanno utilizzato strumenti per contrastare il fenomeno, come il reddito di cittadinanza e quello di emergenza: non è un caso che soprattutto il secondo sia stato molto erogato proprio nel settentrione. Secondo Guerra “il reddito di cittadinanza è stato uno strumento fondamentale, soprattutto perché ha permesso non già di impedire il diffondersi della povertà, ma di ridurne la l'intensità e quindi la drammaticità. Strumento che va certamente migliorato soprattutto da questo punto di vista: va sicuramente eliminata quella norma vergognosa che ne vieta l’accesso agli stranieri”.

Ma tutto ciò non è sufficiente. A parlare è l’economista impegnata in politica, sostiene ancora Maria Cecilia Guerra: “Per affrontare la quota di povertà non strutturale, cioè quella legata a situazioni di emarginazione, magari legata all’età, occorre modificare il nostro mercato del lavoro. Innanzitutto creandolo, il lavoro, e poi sfoltendo quella che ormai è una vera e propria giungla contrattuale”. Un'ulteriore sottolineatura, assai significativa, la sottosegretaria la offre quando afferma che va innanzitutto approvata una legge sulla rappresentanza, così da evitare il moltiplicarsi di contratti pirata siglati da chi di lavoratori ne rappresenta davvero pochi.

Infine il fisco può essere utile strumento per redistribuire la ricchezza prodotta nel Paese in senso progressivo. Oggi non è così, serve una riforma complessiva del sistema tributario italiano rivedendo la base imponibile dell’Irpef e introducendo l’idea che a farne parte debbano essere non solo i redditi da lavoro, ma anche quelli da patrimonio. Almeno questo è ciò che pensa la professoressa Guerra. E non è la sola: la piattaforma unitaria di Cgil Cisl e Uil sulla riforma fiscale parte proprio dall’ampliamento della base imponibile come strumento per ridare progressività al sistema fiscale.