Giordana Pallone coordina l’Area Welfare della Cgil, con lei ragioniamo del ruolo delle istituzioni e dello Stato nella strategia di inclusione e di contrasto alle diseguaglianze e del rapporto con le organizzazioni del Terzo Settore.

A più di un anno dall’arrivo del coronavirus siamo alle prese con una vera e propria pandemia sociale. Cassa integrazione, sostegni e ristori, ma anche reddito di cittadinanza e di emergenza sono strumenti risultati indispensabili ad arginare la povertà. Il ruolo del pubblico, quindi è stato fondamentale e strategico?

La pandemia ha esacerbato le criticità del nostro sistema di protezione sociale, mostrando in modo inequivocabile quanto sia necessario un rafforzamento delle politiche di welfare per garantire una risposta universale ai bisogni delle persone, a partire dal sostegno al reddito. L’Istat ha già certificato un drammatico aumento della popolazione in condizione di povertà nell’ultimo anno e il protrarsi dell’emergenza ci pone davanti la prospettiva di un crescente numero di persone che stanno vedendo la propria condizione economica peggiorare. In questo quadro, è stato necessario intervenire con misure straordinarie per provare a contenere quella che, senza timor di retorica, possiamo definire una vera e propria emergenza sociale e, in questo, l’intervento del sistema pubblico, in tutte le sue articolazioni istituzionali, è stato senza dubbio fondamentale e non sostituibile. Ma sappiamo che non basta. È necessario intervenire per riformare il sistema degli ammortizzatori sociali e costruire un sistema che abbia caratteristiche di universalità e inclusione di tutti i lavoratori, migliorare il Reddito di Cittadinanza, per superare le criticità mostrate che penalizzano i nuclei numerosi e con minori, e discriminano i cittadini stranieri, e, soprattutto è necessario, a partire dal Pnrr, rafforzare l’infrastruttura sociale territoriale al fine di implementare il sistema di servizi pubblici e la sua capacità di prendere in carico la popolazione e rispondere alla complessità dei bisogni emersi.


Anche le imprese sociali, che si occupano ad esempio di assistenza dei bimbi con disabilità nelle scuole o di assistenza ad anziani e a non autossufficienti,, ad esempio, pur svolgendo un ruolo fondamentale in affiancamento delle istituzioni pubbliche, scontano gli effetti della crisi e non sempre ruolo e crisi sono a loro riconosciuti...

Le imprese sociali, come tutto il Terzo Settore, hanno continuato a svolgere, tra le tante difficoltà date dalle necessarie misure di contenimento del contagio, il loro fondamentale operato con grande professionalità, dovendo misurarsi con gli effetti della crisi sia in termini di sospensione di molte attività e la conseguente necessità di ricalibrare i servizi resi, sia nella necessità di adottare nuove e differenti modalità di intervento per operare in piena sicurezza per le lavoratrici e i lavoratori e per le persone assistite. Questo ruolo importante nel sostenere i bisogni delle persone da una parte ha avuto un riconoscimento nei provvedimenti di emergenza con l’adozione di misure a sostegno del Terzo Settore, dall’altro pone Stato, Regioni ed Enti Locali davanti alla necessità, nell’ambito del più generale rafforzamento del sistema di welfare pubblico cui si accennava prima, di qualificare ancor di più la programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, riconoscendo agli Ets il ruolo che gli spetta.

Città e società inclusive e sostenibili, quale ruolo in rapporto con il pubblico possono giocare le imprese del Terzo Settore e come sostenerle e incentivarle a collaborare a costruire un diverso modello di sviluppo?

Città e società per essere inclusive e sostenibili non possono non fondarsi sulla capacità di rispondere ai bisogni delle persone che ne fanno parte, mettendo a sistema gli attori che le animano e favorendo la partecipazione attiva dei cittadini. 21 anni fa, la mai sufficientemente applicata legge 328/2000 delineava i principi generali su cui fondare un sistema integrato di interventi e servizi sociali con carattere di universalità, l’unico capace di garantire il soddisfacimento dei diritti fondamentali delle persone. Un sistema realizzato dalle istituzioni pubbliche, cui è in capo la titolarità e la responsabilità delle politiche di inclusione, che lo realizzano con il coinvolgimento dei soggetti del Terzo Settore attivi sul territorio, attraverso la progettazione degli interventi e la promozione della solidarietà sociale.

Torniamo da dove siamo partite. La Cgil è parte fondante e strategica dell’Alleanza contro la povertà, quali strategie comuni tra sindacato e Terzo Settore da mettere in campo per ridurre le diseguaglianze? Quali gli interventi immediati e quali quelli di medio e lungo periodo?

L’Alleanza contro la Povertà raggruppa una serie di soggetti sociali, oltre alle tre organizzazioni sindacali confederali, tra cui enti di rappresentanza del Terzo Settore, ed è nata (alla fine del 2013) proprio dalla necessità di adottare strategie comuni per la costruzione di politiche di contrasto alla povertà. Già allora, infatti, era drammaticamente chiaro quanto l’aumento delle disuguaglianze stesse facendo crescere la fascia di popolazione in condizione di bisogno e quanto fosse necessario fare rete tra i soggetti sociali che più operano nei territori, a contatto diretto e quotidiano con le persone, per promuovere azioni comuni e fare fronte comune a questa emergenza. Oggi, pur essendosi dotato il Paese di una misura di contrasto alla povertà (prima il ReI, poi il RdC) la missione dell’Alleanza non può comunque dirsi conclusa e insieme al Terzo Settore e gli altri soggetti, siamo impegnati nel rafforzamento della misura esistente sia nella sua componente di sostegno economico, sia, soprattutto, nella sua componente di inclusione sociale, attraverso il potenziamento della presa in carico dei beneficiari da parte dei servizi sociali dei Comuni e della loro capacità di rispondere alla multidimensionalità dei bisogni delle persone. L’obiettivo non di lungo, ma di più breve periodo possibile credo debba essere la non più rinviabile definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali al fine di realizzare pienamente quel sistema integrato di interventi e servizi sociali delineato dalla legge 328/2000, che renda le istituzioni pubbliche capaci di garantire l’universalità dei diritti fondamentali e promuovere la coesione sociale.