Sono passati cinque mesi dall'approvazione del cosiddetto "decreto dignità", uno dei principali provvedimenti varati finora dal governo gialloverde. Il testo, in linea di principio, aveva un obiettivo preciso in tema di lavoro: abbattere la precarietà, favorire le assunzioni e spostare il mercato verso i contratti a tempo indeterminato. Riviste oggi a distanza di tempo, le buone intenzioni non sono mai decollate. Cosa è successo, dove si è sbagliato e cosa può accadere in futuro? Dal nodo delle causali ai lavoratori in somministrazione, dalla possibilità di deroghe all'atteggiamento delle imprese, abbiamo fatto il punto con il segretario confederale della Cgil Tania Scacchetti all'inizio del 2019, davanti al nuovo anno che attende i lavoratori italiani.

Rassegna Il 7 agosto del 2018 il Senato ha approvato il decreto dignità in via definitiva. Oggi il sindacato può esprimere un primo giudizio. Quali sono le sensazioni prevalenti?

Scacchetti Bisogna premettere che, allo stato attuale, non è ancora facile avere un quadro compiuto degli effetti generali del decreto. Dovremo aspettare ancora. Le sensazioni però ci sono, ci arrivano da quello che vediamo all'interno della contrattazione. Prima di tutto c'è la questione dell'incentivazione verso il tempo indeterminato, che era un obiettivo della norma: se questa c'è stata, ha riguardato però solo le alte professionalità. I processi di stabilizzazione hanno toccato i lavoratori molto specializzati, una piccola parte del totale, le figure che interessano di più alle aziende perché difficili da reperire sul mercato. Tutti gli altri sono esclusi e restano nell'alveo della precarietà. Per dirla in numeri, le stabilizzazioni oscillano tra il 15 e il 17% della platea complessiva.

Rassegna La legge introduce la possibilità del contratto senza causale per dodici mesi. Cosa sta avvenendo in questo caso?

Scacchetti Il rischio principale è l'effetto sostituzione: le aziende tengono i lavoratori sotto contratto fino agli undici mesi, evitando così le causali, poi li sostituiscono con altri. Da qui è facilmente comprensibile un paradosso della norma, che nasce per ridurre la precarizzazione e invece alimenta il turn-over. È bene sottolineare comunque che l'effetto non è strettamente collegato al decreto, ma riguarda il comportamento delle imprese, le quali tendono ad evitare stabilizzazioni anche per lavoratori di lungo corso. I più penalizzati sono i lavoratori in somministrazione. Per questo abbiamo chiesto più volte un bacino di prelazione per i somministrati, che il decreto non prevede: si tratta dell'introduzione di un diritto di precedenza per questi addetti, che porti le aziende a mantenere il personale invece di ricominciare la ricerca ogni volta.

Rassegna Le richieste della Cgil sono mirate a correggere gli effetti del decreto. Sulle causali cosa proponete?

Scacchetti Le causali devono intervenire già all'inizio del contratto, non dopo dodici mesi. Indicare subito una causa serve per togliere un argomento all'impresa, che allo scadere dell'anno contrattuale può sempre sostenere che non trova una causale per tenere il lavoratore. In generale, diventa sempre più urgente la necessità di effettuare un intervento parzialmente correttivo su tutta la materia: per esempio la specificazione delle causali può essere affidata alla contrattazione, così da cancellare gli alibi che le aziende oggi utilizzano a volte in modo strumentale.

Rassegna Gli effetti del decreto portano anche un altro problema: in alcune aziende si stanno firmando accordi di prossimità, uno strumento previsto dall'articolo 8 della Finanziaria 2011, che permette di introdurre deroghe alle causali. Ce lo spieghi?

Scacchetti È un tema che sta determinando molte difficoltà nei negoziati in giro per l'Italia. In pratica, attualmente un intervento modificativo della causale deve passare per forza attraverso l'accordo di prossimità, che fu istituito quando Sacconi era ministro del Lavoro. Noi siamo contrari, abbiamo criticato il legislatore nel momento in cui si è affidato a questo tipo di contrattazione, che rischia di creare precedenti difficilmente arginabili. Per noi le vertenze vanno viste il più possibile in ottica confederale, non si possono lasciare le categorie a gestire i singoli lavoratori del loro settore, occorre fare un discorso generale che riporti tutto all'interno della confederalità.

Rassegna La critica del sindacato è complessiva: non siete soddisfatti dell'operato del governo sui temi del lavoro.

Scacchetti Certo, abbiamo subito evidenziato come anche gli interventi nel decreto dignità riguardino solo tempo determinato e lavoro in somministrazione. Il governo non va a toccare organicamente il mercato del lavoro, non rivede la disciplina sui contratti precari. Sono molte le misure su cui vorremmo un confronto ordinato con il ministero del Lavoro, a partire dalla limitazione di alcune tipologie, come i tirocini non curriculari o le partite Iva su cui si scarica la maggior parte della precarietà. Poi è necessario un ragionamento serio su altre forme come la stagionalità, il part-time verticale e il lavoro intermittente, su cui possiamo dare il nostro contributo per ridisegnare il mercato del lavoro e spostare l'equilibrio delle assunzioni verso il tempo indeterminato.

Rassegna Avete avuto risposte?

Scacchetti Finora il governo non ci ha ascoltato. Abbiamo avuto un'audizione in commissione Lavoro alla Camera, ma il decreto era già definito. Non c'è stata alcuna consultazione preventiva da parte del dicastero, che anzi si è mostrato abbastanza rigido sulla possibilità di effettuare correzioni. Nelle prossime settimane faremo il punto con Cisl e Uil, per definire una posizione comune e avanzare insieme le nostre proposte.