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Lunedì 12 maggio scioperano le lavoratrici e i lavoratori precari delle università. Lo stop, proclamato dalla Flc Cgil, interessa tantissime persone, visto che ormai il numero di addetti a tempo determinato, assegnisti, borsisti ha toccato quota 40 mila a fronte di appena 53 mila docenti di ruolo e senza contare tutti gli appalti.
Una situazione insostenibile anche perché, come spiega Luca Scacchi, responsabile docenza universitaria della Flc Cgil, i due terzi dei precari sono legati a progetti Pnrr e quindi se non si interviene “nel giro dei prossimi due anni ci sarà il licenziamento di migliaia e migliaia di persone, la loro espulsione dall'università”.
La mobilitazione ha come obiettivo la loro stabilizzazioni e l’ampliamento degli organici, ma anche uno stop al taglio al fondo ordinario di finanziamento delle università e a tutti i tentativi legislativi finalizzati a reintrodurre surrettiziamente altre figure a termine, tipiche o atipiche che siano. Tra i punti anche, si legge in una nota, “il contrasto di ogni politica di riarmo in questa stagione di ripresa dei conflitti internazionali: il piano RearmEU; l’aumento delle spese militari al 2% ed oltre (con una parallela contrazione della spesa sociale); l’estensione delle prerogative su collaborazione, raccolta di dati e informazioni delle agenzie di sicurezza con università ed enti di ricerca; la realizzazione di iniziative volte a sostenere, estendere e sviluppare la ricerca militare negli atenei e nei centri di ricerca del paese”.
Stop al precariato
“È importante l’emersione all’interno dei movimenti universitari del protagonismo di un soggetto precario – argomenta Scacchi –, di un soggetto a cui non si riconosce voce, dignità del lavoro, rappresentanza sindacale e che, spesso, è anche fuori da tutti gli organismi di rappresentanza degli atenei”. Una presenza a cui, con questo sciopero, che prevederà anche assemblee, presìdi e diverse iniziative, la Flc Cgil vuole dare visibilità e, soprattutto, diritti.
Lo sciopero, infatti, raccoglie l’appello per una mobilitazione contro tagli, guerra e precarietà delle assemblee precarie nazionali e di diversi altri soggetti che si sono attivati negli atenei negli ultimi mesi.
Tra le richieste dunque, come detto, la realizzazione di un piano straordinario di allargamento degli organici e di stabilizzazione dell’attuale personale precario. Per far questo occorre bandire almeno 40 mila posizioni negli atenei statali: 25 mila Rtt (ricercatori in tenure track che poi con un percorso diventeranno associati), 5 mila tecnologi e 10 mila tecnico-amministrativi per la reinternalizzazione di servizi e appalti, oltre a un finanziamento nazionale annuale di 5 mila contratti di ricerca. Con questi numeri l’Italia si avvicinerebbe in maniera significativa al rapporto tra docenti e studenti che vige nel resto delll’Unione europea.
La novità, dice Scacchi, è che “chiediamo l’estensione al sistema universitario dei meccanismi di stabilizzazione per i lavoratori e tempo determinato degli enti pubblici di ricerca previsti dalla legge Madia, con l’assunzione diretta se il contratto è in essere e ottenuto tramite concorso o con concorsi riservati se scaduto o ottenuto in altre forme. Partiamo da due princìpi: i ricercatori sono lavoratori e devono essere trattati come tali e anche l’università, come gli enti di ricerca, è parte della pubblica amministrazione”.
Una vittoria: il ddl 1240 è stato fermato
Questa lotta va accompagnata, per la Flc, dal blocco di tutte le iniziative legislative - che continuano - finalizzate a introdurre altre figure a termine nel cosiddetto preruolo universitario, tipiche o atipiche.
Qui va registrata una vittoria importante. Su Collettiva avevamo denunciato il tentativo della ministra Bernini, con il ddl 1240, di reintrodurre quelle figure super precarie e senza diritti (come l’assegno di ricerca che ricompariva con altri nomi) che erano state cancellate con la riforma del pre-ruolo del 2022 (il dl 36/2022). Riforma che, seguendo le condizioni poste dal Pnrr, prevedeva invece il solo contratto di ricerca, un contratto vero con diritti e tutele.
“Insieme all’Adi – racconta Scacchi – abbiamo presentato un esposto alla Commissione europea e grazie a questa azione il ddl 1240 si è bloccato, ma i tentativi del governo in questa direzione vanno avanti, da ultimo nella discussione sul decreto Valditara con un emendamento che però fortunatamente è stato insabbiato”.
L’università va finanziata
È l’altro grande tema della mobilitazione: l’aumento di almeno 5 miliardi di euro nei prossimi cinque anni del Fondo di finanziamento ordinario per riallineare le risorse del sistema universitario pubblico a quello degli altri paesi europei e ovviamente per finanziare il Piano straordinario di allargamento degli organici e stabilizzazione del precariato. Risorse che dovranno anche servire per un radicale abbattimento delle tasse e dei contributi universitari.
“Con un'università sottodimensionata e sottofinanziata, – attacca Scacchi – la ministra Bernini lo scorso anno ha tagliato il fondo di finanziamento ordinario e quest'anno non ha recuperato le risorse, anzi ha cancellato un piano straordinario per il 2025-2026 che era già finanziato”.
Da questo punto di vista appare davvero risibile la polemica innescata dal governo contro il piano Macron di attrazione dei “cervelli un fuga” dall’America di Trump. “Bernini – commenta il sindacalista - ha detto che lei sta agendo, che ha stanziato 50 milioni, ma questi fondi sono già previsti dal Pnrr per l’assunzione di giovani ricercatori. Una cosa ben diversa: i ricercatori in fuga dalle politiche Usa spesso non sono giovani. E comunque il punto centrale è un altro: l’Italia spende per l’università lo 0,70% del Pil, una delle percentuali più basse d’Europa. Siamo troppo piccoli e sottofinanziati per essere davvero attrattivi. L’unico modo per esserlo è investire risorse”.
Motivo per cui i motivi che sono alla base di questo sciopero non interessano solo i precari, ma l’intera comunità universitaria: “Per questo – conclude Scacchi – lavoriamo per uno sciopero generale dell'università”.