La precettazione di Salvini è illegittima, è un vero e proprio attacco alla democrazia e non passerà sotto silenzio. Perché un ministro può impedire ai lavoratori di scioperare solo in circostanze eccezionali. Su questo punto Cgil, Uil e giuristi non hanno dubbi: le motivazioni addotte dal dicastero delle Infrastrutture nell’ordinanza per limitare a 4 ore, dalle 9 alle 13, l’astensione dei lavoratori dei trasporti in tutta Italia il 17 novembre non sono fondate.

Lo ha ribadito dal palco di piazza del Popolo a Roma il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, alla prima tappa della mobilitazione proclamata dai sindacati: “Non era mai successo nella storia repubblicana e democratica di questo Pese, non c’era mai stato un governo che di fronte a uno sciopero generale si era sognato di precettare e mettere in discussione quel diritto: è una cosa gravissima che non lasceremo passare sotto silenzio. Con la Uil impugneremo quella precettazione nelle sedi opportune. È un diritto soggettivo del cittadino lavoratore e non è un caso che sia inserito nella Costituzione: quando tu lo limiti, stai limitando la libertà delle persone”.

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Per capire l’illegittimità della precettazione decisa da Salvini, basta analizzare l’articolo 8 della legge 146 del 1990, che regola appunto l'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Nessun “pregiudizio grave e imminente” 

La norma dice che se sussiste il “fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati”, che potrebbe essere provocato dall'interruzione o dall’alterazione del funzionamento dei servizi pubblici a seguito dello sciopero, il presidente del consiglio o un ministro invitano i sindacati a desistere da quei comportamenti che determinano la situazione di pericolo. Quindi fanno un tentativo di conciliazione e se questo non riesce adottano con ordinanza le misure necessarie a prevenire il pregiudizio.

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“La legge afferma che l’ordinanza di precettazione si può adottare se c’è un pregiudizio grave e imminente – spiega Carmen La Macchia, docente di diritto del lavoro all’università di Messina e consulente legale della Cgil -. Cioè se ci sono circostanze eccezionali, eventi calamitosi e improvvisi, grave pregiudizio per l’ordine pubblico. Tutte situazioni che non si verificano con lo sciopero generale nazionale del 17 novembre indetto da Cgil e Uil”.

Dov’è il pericolo?

Se si legge l’ordinanza firmata da Salvini, si scopre che il “pregiudizio grave e imminente” c’è perché “gli effetti dello sciopero si riverberano anche sul traffico veicolare, con ripercussioni sulla sicurezza stradale e sulle emissioni ambientali”. C’è perché “alla luce di quanto verificatosi in occasione di precedenti astensioni dal lavoro promosse da organizzazioni sindacali altamente rappresentative nel settore dei trasporti, si prevede che la partecipazione ai richiamati scioperi sarà consistente”. Il pericolo c’è se si considera “il trend positivo del turismo, che torna ad essere un settore trainante per la nostra economia”.

Traffico, inquinamento provocato dalle auto, grande partecipazione allo sciopero (perché indetto da due sindacati molto rappresentativi), problemi al turismo che è ripartito in Italia, sono le motivazioni addotte dall’ordinanza. Motivazioni chiaramente pretestuose che però portano il  ministro a considerare grave e imminente il pregiudizio al diritto alla mobilità delle persone e pesanti le penalizzazioni alla circolazione nella giornata del 17 novembre.

Diritto alla mobilità vs diritto di sciopero

“Il punto è che il disagio agli utenti è contemplato dalla nostra Costituzione – afferma la giurista -. Mi spiego: il diritto allo sciopero ha pari rango rispetto alla libertà di circolazione delle persone. I due diritti devono essere contemperati. Quindi il disagio che sopporta l’utente è una conseguenza del fatto che viene esercitato il diritto di sciopero, che ha il rango di diritto costituzionale”.

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Disagi per il traffico e contrattempi negli spostamenti patiti per un giorno non concretizzano un pericolo grave e imminente e sono anche il prezzo che tutti dobbiamo pagare per vivere in un Paese democratico dove è ancora possibile scioperare, almeno sulla carta.

Principio di legalità a rischio

“Se cambiano la Costituzione e cancellano il diritto di sciopero è un altro discorso – aggiunge La Macchia -. Ma finché questo diritto c’è, va rispettato. Tra l’altro si tratta di un diritto a titolarità individuale quindi dei singoli, ed è ancora più grave che si intervenga per limitarlo con la precettazione. Non dimentichiamoci poi che abbiamo la legislazione tra le più restrittive d’Europa in termini di tutela delle fasce di garanzia, che consente comunque di fornire i servizi minimi essenziali”.

Leggi ignorate

In questa vicenda c’è un’ulteriore aggravante. La Commissione di garanzia sugli scioperi, che pure ha sollevato delle perplessità sulle modalità dello sciopero generale del 17 novembre, non ha fatto alcuna segnalazione al ministro, il quale ha deciso la precettazione in totale autonomia, senza neppure avere questo presupposto.

“Questo caso è un classico esempio di come il significato del diritto di sciopero stia regredendo nella coscienza sociale – conclude la docente universitaria -. Si viola il principio di legalità che regge il mondo giuridico moderno: le leggi ci sono ma vengono ignorate”.