Dopo 40 anni di attività, chiude la Orobica Cicli di Endine Gaiano (Bergamo), con il contestuale licenziamento dei suoi 51 dipendenti. L’accordo sindacale è stato sottoscritto il 31 maggio scorso da Fim Cisl e Uilm Uil, ma non dalla Fiom Cgil che ha espresso sull’intesa un giudizio complessivo profondamente negativo.

Il 26 marzo scorso l’azienda produttrice di biciclette aveva comunicato ai sindacati la volontà di cessare l’attività. Una scelta che era conseguenza della decisione di Decathlon Italia di interrompere al 31 maggio tutte le produzioni affidate all’impresa bergamasca, in considerazione del fatto che il 95% delle produzioni di Orobica Cicli facevano capo a Decathlon.

L’intesa e il commento della Fiom

L’accordo prevede un incentivo all’esodo di 7.850 euro lordi per ogni lavoratore. “Questa cifra – spiega la Fiom Cgil Vallecamonica e Sebino – è la suddivisione dell’importo stanziato dall’azienda (400 mila euro) per 51 persone. Tra questi 51 dipendenti, due detengono il 10% e il 25% della società, quindi non dovevano essere inseriti nel divisore. In sostanza sottraggono parte dell’incentivo ad altri lavoratori, dato che dividendo l’importo per 49 lavoratori si sarebbe arrivati alla quota di 8.163 euro lordi”.

La Fiom territoriale ritiene di “aver dimostrato ai tavoli che con la cifra stanziata dall’azienda, per noi comunque insufficiente, si potevano tranquillamente gestire sia la quota destinata all’incentivo per i lavoratori (che su base volontaria avrebbero espresso la volontà di uscire subito) sia la quota per gestire la cassa integrazione straordinaria per un anno, mantenendo comunque la possibilità di incentivo all’esodo sempre su base volontaria durante l’ammortizzatore”.

Una scelta che avrebbe permesso inoltre a un gruppo di lavoratrici e lavoratori di raggiungere i requisiti per accedere alla pensione. “Oggi – prosegue la Fiom – questa strada non può più essere percorsa da questi dipendenti che, dopo più di 37 anni di lavoro e con un’età di 57-58 anni, si vedono costretti a cercare un nuovo posto di lavoro con mille difficoltà, essendo in una fascia debole”.

Ma c’è di più: “L’ammortizzatore sociale avrebbe permesso, con l’aiuto della Regione Lombardia, l’attivazione delle politiche attive del lavoro, fondamentali per ricollocare i lavoratori sul territorio e la possibilità di valutare eventuali proposte di imprenditori che avrebbero potuto garantire la continuità aziendale della Orobica Cicli”.

Ancora più grave per la Fiom territoriale “è stato far perdere ai lavoratori un anno di contribuzione e di trattamento economico, pari in media rispettivamente a 25 mila e 16 mila euro, per un totale di 41 mila euro, che sarebbero stati percepiti con un anno di cassa integrazione straordinaria”.

L’ultima osservazione sull’accordo è che “il termine della procedura era fissato al 9 giugno, ma firmando l’accordo sindacale il 31 maggio, chiudendo quindi in anticipo la procedura, come richiesto dalla Orobica Cicli, i lavoratori perdono un’ulteriore quota di retribuzione che avrebbe dovuto essere loro riconosciuta in quanto l’azienda non avrebbe potuto effettuare i licenziamenti collettivi fino all’ultimo giorno di procedura”.

Per la categoria Cgil “tutto questo è il frutto di una trattativa mai nata, in quanto le uniche proposte sui percorsi da seguire, rispetto all’idea aziendale iniziale, sono arrivate da noi. Proposte, però, che non sono mai state prese in considerazione. Trattare con un’azienda che manifesta preconcetti, soprattutto partendo da posizioni sindacali diverse sin dall’inizio, non ha permesso di discutere seriamente tutte le opzioni possibili per evitare la chiusura”.

La Fiom Cgil Vallecamonica e Sebino considera dunque “grave e sbagliata la decisione assunta dalle altre organizzazioni sindacali di firmare questo accordo con i criteri richiesti dalla Orobica Cicli. Siamo infatti certi che, se Fim Cisl e Uilm Uil non avessero assunto questa posizione contraria all’interesse dei lavoratori, si sarebbe potuta ottenere la cassa integrazione straordinaria per gestire il lungo periodo, invece di portare i lavoratori a decidere se accettare o meno un incentivo che avvalli la chiusura di una fabbrica dopo oltre 40 anni di attività”.