Una tempesta perfetta si è abbattuta sui lavoratori dell'Hotel Sheraton di Roma. Questa, in estrema sintesi, può essere la definizione adatta per riassumere la situazione attuale, che riguarda uno degli alberghi più famosi e importanti della capitale. Il futuro è totalmente in bilico, c'è rischio di licenziamento per i 164 lavoratori e lavoratrici storici. Una vicenda che non inizia oggi, ma viene da lontano, con l'arrivo della pandemia che acutizza problemi già esistenti: ne abbiamo ripercorso le tappe con Stefano Chiaraluce, funzionario del Dipartimento del turismo della Filcams Cgil che segue la vertenza.

"Nel 2017 l'albergo viene rilevato da un fondo, chiamato Altair - esordisce il sindacalista -, attraverso un'operazione finanziaria gestita dall'estero. In pratica il fondo acquista l'immobile e tutto ciò che c'era dentro, compreso il personale". La società gestisce direttamente l'hotel per sette-otto mesi: "I dipendenti restano dipendenti del fondo acquirente, ma per un breve periodo. Poi il fondo costruisce una cessione di ramo d'azienda: attraverso di essa cede la concessione dell'albergo a una società costituita all'uopo che prima non esisteva". La nuova proprietà acquisisce la gestione dell'hotel e quello che gira intorno, compresi, naturalmente, tutti i lavoratori.

A dicembre 2018 il ramo d'azienda viene ceduto alla società Larimar. Tutti questi "movimenti", come evidente, avvengono ben prima della pandemia. "Larimar gestisce l'hotel fino a marzo 2020, con l'arrivo del Covid - prosegue Chiaraluce -: va detto subito che l'albergo era già in difficoltà su alcuni aspetti, per esempio si segnalava la necessità di ristrutturare lo spazio, che è molto vissuto". A marzo di due anni fa si chiude per pandemia, i lavoratori restano a casa coperti dagli ammortizzatori sociali (la cosiddetta "cassa Covid"). "Sarebbe stata l'occasione perfetta per ristrutturare - a suo avviso -: ci sono stati un paio di incontri in Regione, per sollecitare l'avvio dei lavori che potevano concludersi durante la pandemia, per poi riaprire con un hotel nuovo. Lavori che però non sono mai cominciati".

Fino a settembre del 2021 la proprietà ha tenuto chiusa la struttura senza fare nulla. Poi è venuto meno il blocco dei licenziamenti: "Abbiamo chiesto una nuova convocazione in Regione per sollecitare ancora i lavori - così Chiaraluce -. La proprietà ci ha detto che non avrebbe programmato per passi, ma avrebbe fatto un unicum, tenendo chiuso l'albergo per molti mesi. Solo a quel punto iniziano a montare le impalcature. Poi l'azienda ci convoca lo scorso dicembre con un annuncio: dice che non avrebbe attivato la richiesta di ammortizzatori sociali per il 2022, anticipando che ci sarebbero stati impatti occupazionali".

A gennaio arriva la procedura di mobilità e il licenziamento per tutti i 164 dipendenti. "Hanno tenuto solo il direttore generale e il direttore del personale", fa notare il sindacalista. L'azienda sostiene che sono costretti a licenziare perché l'albergo resterà chiuso a lungo. "Quando tornerà in servizio, a inizio 2023, saranno sempre loro a gestire le attività in regime di concessione: il sindacato ha chiesto di mantenere in essere l'attività imprenditoriale. Ma non è quello che vogliono: vogliono la possibilità di liberarsi di tutti, per riorganizzare l'attività attraverso terziarizzazioni e appalti, oppure con assunzioni di giovani precari che costano meno". Così i lavoratori vanno tutti a casa, e sono tutti sopra i 45 anni.

La Filcams, insieme alle altre sigle, è intervenuta per provare a sbloccare la situazione. "Abbiamo detto che possono contare sul personale al momento della riapertura - spiega Chiaraluce -. La proprietà non l'ha preso in considerazione, ribadendo la decisione di licenziare tutti senza trovare una soluzione di sostenibilità sociale. Noi, lo ribadiamo, siamo disponibili a ragionare su soluzioni alternative". La trattativa sarà lunga e complessa, con il ruolo della Regione Lazio e il Comune di Roma che si è interessato alla vertenza. E lo Sheraton non è l'unico caso, ovviamente: i 51 licenziamenti dell'Hotel Ambasciatori sono esattamente la stessa storia, solo con meno dipendenti. La tempesta perfetta, dunque, che il sindacato affronta a difesa dei lavoratori e dei loro diritti.