Un lavoratore è risultato positivo al coronavirus, ma l'azienda non prende provvedimenti particolari e continua l'attività. È l'allarme che arriva dal sindacato nello stabilimento Electrolux di Susegana (Treviso), uno dei più importanti siti italiani per la produzione di elettrodomestici. Le organizzazioni dei lavoratori chiedono di fermare subito la produzione, per mettere in sicurezza gli addetti e scongiurare nuovi casi di contagio. Ne abbiamo parlato con Augustin Breda, rappresentante Rsu per la Fiom in Electrolux.

Rassegna Proviamo a ricostruire la vicenda. Cosa è successo a Susegana?

Breda Noi abbiamo circa 1.200 dipendenti: attualmente la stragrande maggioranza degli impiegati lavora in smart work, ma restano oltre 900 operai che si trovano sulle linee e nei luoghi di lavoro. Lunedì c'è stato un caso di positività: il manutentore di una ditta esterna, che opera in appalto, è risultato positivo al tampone. L'azienda con una lettera ha dichiarato che il lavoratore non aveva avuto contatti con nessuno, così solo cinque persone sono state messe in quarantena.

Rassegna Voi però avete saputo che le cose non stanno così...

Breda Esatto. Martedì abbiamo avuto una conference call con tutti, la nuova modalità per limitare gli spostamenti e favorire il lavoro agile. Durante la conferenza uno dei delegati dell'area manutenzione ha spiegato che il lavoratore positivo non è rimasto isolato, tutt'altro: ha frequentato i reparti, la sala caffè e la saletta sindacale. Insomma la persona circolava normalmente, quindi la possibilità di contagio è reale.

Rassegna A quel punto cosa avete fatto?

Breda Come Rsu abbiamo scritto una lettera all'azienda, al ministro della Sanità, al presidente della Regione e alla Asl locale: visto che la proprietà ha dichiarato una cosa non corretta, e il lavoratore ha avuto molti contatti, chiediamo la chiusura immediata in via prudenziale fino a domenica, per la sanificazione degli ambienti e per eseguire i tamponi a chiunque abbia avuto contatti.

Rassegna Cosa vi è stato risposto?

Breda L'azienda minimizza. Non ha preso provvedimenti aggiuntivi, si limita alle misure di buon senso, come le mascherine e le distanze di sicurezza in mensa. Il rispetto delle misure preventive c'è, ma non è stato attivato nulla di quanto previsto in caso di contagio conclamato. Attualmente siamo aperti e stiamo lavorando.

Rassegna Qual è il clima tra i lavoratori?

Breda C'è grande preoccupazione. Molti sono in stato di apprensione estrema, abbiamo consigliato loro di mettersi in malattia per stato d'ansia. Noi, lo ribadisco, chiediamo subito la chiusura dell'azienda e l'attivazione della cassa integrazione. Tra l'altro Treviso è una delle province più colpite fuori dalla Lombardia. Abbiamo informato tutte le autorità della nostra condizione, ma finora nessuna risposta. Le istituzioni stanno valutando il blocco delle attività non indispensabili, certo, ma qui la situazione non cambia: è grave che in un'azienda di grandi dimensioni ci sia un caso accertato e non si prenda un provvedimento adeguato.