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“I diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione sono oggi tutti messi in discussione”. Inizia da qui il ragionamento del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, esposto in un’intervista pubblicata domenica 6 agosto sul Corriere della Sera, in vista della grande manifestazione nazionale “La Via Maestra” in programma sabato 7 ottobre a Roma.
“Il lavoro è precario e sottopagato, i diritti alla salute e alla cura e allo studio non sono più garantiti, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro peggiora”, prosegue il leader sindacale: “Si nega la crisi climatica e si aumentano le spese per armi anziché essere costruttori di pace. E si vuole stravolgere la Carta con l'autonomia differenziata e il presidenzialismo”.
Per Landini, dunque, è arrivato “il momento di dire basta e indicare una via maestra fondata sulla giustizia sociale e la partecipazione democratica. Qui non si delinea solo una crisi economica, ma anche democratica e di credibilità”.
La manifestazione del 7 ottobre
“Non è la manifestazione della Cgil”, precisa subito Landini, ma di “oltre 100 associazioni del Paese che vogliono dire basta e proporre temi per un cambiamento”. Una manifestazione “aperta a tutti, chi vorrà esserci è benvenuto”. E una manifestazione “non di semplice protesta, ma che chiede di applicare la Costituzione per dare un futuro al Paese”
Cgil e associazioni chiedono cambiamenti concreti: “Basta precarietà, più salari, rinnovo dei contratti nazionali, fissazione di una quota oraria minima quale salario minimo, una legge sulla rappresentanza che dia validità generale ai contenuti salariali e normativi dei contratti nazionali. E una riforma fiscale degna di questo nome”. Per il segretario generale Cgil, dunque, occorre “applicare la Costituzione per unire l'Italia e non per dividerla. Non è più il momento di stare a guardare”.
Ma sabato 7 ottobre è solo l'inizio. “Se non vedremo questi cambiamenti nella prossima legge di bilancio, la mobilitazione sarà generale”, promette Landini, rimarcando che in settembre la Cgil farà “una consultazione straordinaria tra lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, giovani, cui chiederemo cosa pensano delle nostre proposte e se sono disposti a sostenerle con noi, fino allo sciopero”.
Gli errori del governo
Sono due, anzitutto, gli sbagli macroscopici che ha fatto in questi ultimi giorni l’esecutivo. “Il taglio al reddito di cittadinanza alle famiglie povere, che non offre un percorso di occupazione e scarica sui Comuni”: questo il primo. E poi, l’aver fatto votare in Parlamento “una legge delega fiscale che va nella direzione opposta di ciò di cui il Paese ha bisogno: con un’evasione fiscale fra 90 e 100 miliardi, si continuano a fare condoni, addirittura senza più sanzioni amministrative né penali per chi evade”.
In realtà, c’è dell’altro: “Il ministro delle Infrastrutture Salvini, in un Paese in cui il 50% degli italiani non arriva a fine mese, non trova di meglio che togliere il tetto dei 240 mila euro allo stipendio dei manager. Un'idea di Paese così non è accettabile, bisogna ribellarsi”.
Landini evidenzia anche che il governo “ha tagliato la possibilità di investimenti, senza discuterne con nessuno: dall'Europa avevamo un'opportunità, ma sono stati cancellati quasi 16 miliardi d’investimenti e non si capisce come possano essere recuperati. L'Italia ha bisogno più di altri di investimenti e nuove politiche industriali per una vera transizione ambientale ed energetica”.
I “tavoli finti”
Il segretario generale Cgil rileva che il governo sta facendo interventi “escludendo dal confronto organizzazioni sindacali e confederali del nostro Paese. Noi siamo quelli che rappresentano chi paga le tasse e tiene in piedi l’Italia, ma sulle riforme di fondo non siamo coinvolti e le decisioni vengono assunte senza alcun confronto”.
Il Governo Meloni, invece, continua “a chiamare a ‘tavoli finti’ organizzazioni sindacali senza alcuna rappresentanza, ma solo firmatarie di contratti pirata. Alle piattaforme unitarie presentate, come pensioni, fisco, salute, precarietà e una legge sulla non autosufficienza, l’esecutivo non sta rispondendo. Nei fatti, il governo non riconosce il ruolo e la rappresentatività del mondo del lavoro”.