Ogni giorno incontro realtà diverse ma segnate dalle stesse ombre: fragilità, irregolarità, sfruttamento, insicurezza, discriminazioni e molestie. È proprio da questo osservatorio quotidiano che emerge con chiarezza il limite strutturale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nato come struttura ibrida e senza un vero investimento pubblico, oggi esposto al rischio di perdere capacità e coesione mentre il mondo produttivo accelera. Lo percepisco in ogni controllo. E capisco quanto questo pesi sulla tutela delle persone che incontro.

Edilizia, tessile e agricoltura restano i settori più critici. Nei cantieri la rete di appalti e subappalti rende difficile capire chi risponde quando accade un incidente grave. Nel tessile emergono filiere opache che nascondono condizioni inaccettabili anche dietro prodotti di grande valore. Nei campi la presenza di molti lavoratori stranieri impone controlli all’alba e richiede competenze tecniche, culturali e linguistiche. Quando arriviamo spesso vedo paura. Per molti siamo la prima presenza dello Stato. Le donne sono le più vulnerabili. Molte lavorano in modo irregolare, vivono ricatti, esclusione e, a volte, violenze che raramente trovano il coraggio di denunciare.

Tutto questo richiede strumenti adeguati. Oggi però ci affidiamo soprattutto all’esperienza sul campo e al supporto dei mediatori Oim nelle fasi giudiziarie. Io credo serva una formazione mirata sulle culture che incontriamo e un vero potenziamento delle risorse. Senza questo restiamo sempre in affanno.

Penso che la sfida sia costruire una tutela moderna del lavoro. Non solo sanzioni ma capacità di leggere i dati che raccogliamo per orientare decisioni pubbliche più giuste. I Rapporti annuali sulla Vigilanza e quelli sulle dimissioni protette mostrano quanto l’Inl possa diventare un osservatorio prezioso. I numeri parlano chiaro. Molte donne lasciano l’occupazione per motivi di cura. Molti uomini per cambiare attività. Segnali utili che potrebbero guidare scelte concrete.

Lo stato dell’ente resta però fragile. E spesso dimenticato. L’Istituto è nato zoppo. Doveva unificare il personale senza costi aggiuntivi, mantenendo contratti diversi e senza un’integrazione reale. La mancata trasformazione in un’unica agenzia, le pressioni politiche, lo spoil system e la riapertura delle assunzioni separate per Inps e Inail hanno riportato alla vecchia frammentazione. A tutto questo si aggiungono rischi del mestiere, aggressioni, pressioni e tutele insufficienti per chi opera sul territorio.

Per tutti questi motivi siamo oggi in mobilitazione nuovamente come Fp Cgil insieme a Uil Fpl e Usb. Perché senza investimenti e senza un riconoscimento professionale vero l’Ispettorato rischia di non riuscire più a garantire ciò che dovrebbe essere il suo compito essenziale. Difendere chi lavora oggi. E chi lavorerà domani.

Micaela Cappellini, Ispettrice del Lavoro e Coordinatrice Fp Cgil Toscana per Inl