“La firma del rinnovo del contratto Fiat è una vittoria per l’azienda che per altri quattro anni potrà continuare a raggiungere gli obiettivi di efficienza, aumentare gli utili e la redditività, riducendo i costi. E le sigle firmatarie continueranno a essere garanti di un sistema sindacale che non prevede un ruolo partecipativo e democratico delle lavoratrici e dei lavoratori. Infatti, anche stavolta i lavoratori non saranno chiamati a decidere con un referendum sull’intesa". Lo dichiarano in una nota congiunta Francesca Re David, segretaria generale Fiom, e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom e responsabile automotive.

"Il confronto per la scadenza del ccsl si è tenuto su due tavoli, per volontà dei sindacati firmatari e dell'azienda, perché l'obiettivo non era cambiare. Escludendo la Fiom, si sono voluti escludere i lavoratori. Noi abbiamo presentato la piattaforma rivendicativa, dopo aver consultato più di 10 mila lavoratori del gruppo, che con il voto hanno dato mandato al negoziato", continuano i due sindacalisti.

"Il nostro obiettivo era la realizzazione di un nuovo contratto, con i cambiamenti richiesti dai lavoratori: aumentare il salario in paga base, migliorare il sistema premiante e le condizioni di lavoro, affermare un ruolo democratico e partecipativo dei lavoratori attraverso il voto sugli accordi e la centralità del ruolo dei delegati. Riguardo al salario, nell’intesa firmata oggi finalmente si riconoscono gli aumenti in paga base, rimasti al palo per anni, come da noi richiesto, e si prevedono gli aumenti sui fondi, ma complessivamente la retribuzione perde l’unico premio, quello sul piano quadriennale, che aveva una parte fissa. Invece, rimane quello completamente variabile, che redistribuisce parte di quello che l’azienda risparmia. Senza entrare nel merito delle scelte sindacali fatte, che avrebbero dovuto determinare piena occupazione e salari tedeschi, possiamo dire che non solo aumenta la cassa integrazione, ma siamo dinnanzi alla vendita di Magneti Marelli e al rischio concreto in futuro che interi impianti rimangano senza nuovi modelli e motorizzazioni", continuano i metalmeccanici della Cgil.

"Mentre la proprietà registra dividendo, i lavoratori hanno ricevuto in quattro anni circa la metà del valore nominale del totale della retribuzione. Questo è il prezzo della mancanza dei necessari investimenti e dei ritardi accumulati sull'innovazione e sulla realizzazione di nuovi modelli a cui si aggiungono la crisi del mercato e le politiche industriali assenti e sbagliate del governo. È una ferita aperta quella di Fca e Cnhi nel nostro Paese, perché si dimostra, a distanza di anni, che un lavoro senza diritti garantisce la proprietà, mentre per i lavoratori questo si traduce in cassa integrazione e salari bassi. La Fiom ha una responsabilità: lavorare per un patto sull’occupazione e l’innovazione perché oggi la priorità è il lavoro e la democrazia senza le quali l’Italia rischia di pagare un prezzo molto alto”, concludono i due dirigenti sindacali.