Seconda giornata di proteste in tutti gli stabilimenti italiani dell’ex Ilva, dopo la conferma, da parte del governo, del piano per il gruppo siderurgico. Un “piano morto”, l’hanno definito i sindacati, che prevede l’uscita dalle fabbriche di 6 mila lavoratori (tra cassa integrazione e formazione), mentre dal primo marzo gli impianti si avvieranno di fatto al fermo produttivo.

Brigati, Fiom Taranto: “È solo l’inizio”

Sono cominciate alle 7 di stamani a Taranto le due assemblee dei lavoratori del polo siderurgico per decidere quali iniziative intraprendere dopo la rottura del negoziato con il governo: una dei dipendenti diretti di Acciaierie d'Italia, l’altra degli operai delle imprese appaltatrici. I lavoratori hanno poi bloccato la statale Appia (e la vicina statale 106) all’altezza del polo siderurgico, con disagi alla circolazione e lunghe code in entrambi i sensi di marcia.

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“La settimana scorsa avevamo sospeso lo sciopero e le assemblee perché il governo ci aveva convocati, ma ci aspettavamo risposte completamente diverse”. A dirlo è il segretario generale Fiom Cgil Taranto Francesco Brigati: “Oggi dobbiamo mettere in campo nuove iniziative, a partire dall'occupazione all'interno dello stabilimento”.

Brigati sottolinea che occorre “dimostrare al governo che il piano di chiusura che ci hanno presentato è inaccettabile. Ieri hanno provato a smorzare le responsabilità, adesso basta: anche i commissari cercano di prendere per i fondelli i lavoratori dicendo che non ci sono 6 mila addetti in cassa integrazione, ma 4.550 in cig e 1.500 in formazione, per complessive 96 mila ore. Abbiamo fatto due calcoli, non raggiungeremmo nemmeno otto giorni a testa”.

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“Dal primo gennaio - prosegue Brigati - spegneranno per la prima volta dopo 60 anni le batterie delle cokerie e resteremo con un solo forno in marcia. Se non arriveranno acquirenti entro febbraio, lo stabilimento chiuderà perché dicono di non avere risorse. Questo è un piano di chiusura mascherato da transizione”.

Lo sciopero indetto da Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil e Usb, iniziato stamani alle 9, terminerà domani (venerdì 21 novembre) alle 7. Il segretario Fiom territoriale così conclude: “Prepariamoci perché non sarà una passeggiata, non sarà una sola giornata di mobilitazione, questo è solo l'inizio. Facciamoci sentire del governo: se non ritireranno il piano di chiusura noi continueremo”.

Mobilitazione a Genova e Salerno

Hanno dormito nelle tende montate all’esterno dello stabilimento, la scorsa notte, gli operai dell’impianto di Genova Cornigliano, che ieri (mercoledì 19 novembre) hanno occupato la fabbrica, scendendo in strada contro il mancato accordo col governo sul futuro della fabbrica. Alle sette di stamani si sono riuniti in assemblea, i lavoratori sono poi sfilati in corteo all’interno dello stabilimento.

Ad aprire la manifestazione lo striscione “Che l’inse” (“che inizi” in genovese, la frase pronunciata dal giovane patriota genovese Giovan Battista Perasso, detto Balilla, per iniziare la rivolta contro gli austriaci, ndr.) e altri slogan che incitano alla lotta per il mantenimento del posto di lavoro e salvare lo stabilimento. Il corteo si è concluso davanti al presidio (in via Cornigliano), cui hanno portato la loro solidarietà i camalli del porto, guidati dal console della Compagnia unica Antonio Benvenuti. Per le 17.30 è previsto il primo incontro istituzionale con il prefetto di Genova.

"Si è conclusa la prima giornata di lotta a difesa della nostra fabbrica contro il vergognoso piano di chiusura del governo, lotta alla quale hanno partecipato centinaia di lavoratori”, scrivono i sindacati genovesi: “Oltre ai numerosi cittadini di Cornigliano che ci hanno espresso convinta vicinanza e che colgono l'importanza della nostra battaglia, vogliamo vivamente ringraziare l’Associazione Sole Luna per i pasti distribuiti, Music for peace e Croce bianca di Cornigliano per le attrezzature forniteci, i Circoli operai per tutto quello che ci hanno portato per sostenerci”. La nota così conclude: “Oggi la lotta prosegue, a difesa della nostra fabbrica e di 1.200 famiglie e per il futuro industriale di questa città”.

Mobilitazione anche nello stabilimento Acciaierie d’Italia Tubiforma di Salerno, dove quasi l’80 per cento del personale è collocato in cassa integrazione straordinaria e cinque giorni medi pro capite di lavoro al mese. Il presidio si tiene dalle 10.30 alle 13 davanti ai cancelli della fabbrica, mentre l’assemblea è prevista per le ore 11.

Da segnalare, infine, altre 24 ore di sciopero anche a Novi Ligure (dopo quelle già effettuate ieri), dove è in corso un presidio permanente e si attende l’incontro con il prefetto.