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L’arretramento del settore può essere il colpo finale all’industria di questo Paese già ferma da mesi. Il governo non paga quanto dovrebbe e annuncia che per il 2026 il caro materiali sarà a carico delle stazioni appaltanti. Il 18 novembre a Roma, alle 10.30 al Centro Congressi di via Frentani, la Fillea Cgil presenterà l’indagine Cresme sul valore dell’Industria Casa nell’economia italiana.
“Un piano casa annunciato ma di cui non si vede nessuna risorsa economica. Non sono previsti interventi per l’efficientamento energetico, solo tagli ad opere pubbliche, che impattano sulla vita di lavoratori, pendolari, pensionati a causa di gravi carenze su tramvie, strade statali, manutenzioni ferroviarie e sulle grandi città metropolitane di Roma, Milano. Detrazioni sulle ristrutturazioni insufficienti e limitate ad uno spazio temporale di un anno, che favoriscono lavoro nero e irregolare, bonus mobili prorogati solo per un anno, insufficienti rispetto all’effetto dazi”. È il quadro tracciato dal segretario generale della Fillea Cgil Antonio Di Franco, dopo l’improvvisa accelerazione del ministro dei Trasporti Matteo Salvini su TU edilizia, piano casa e infrastrutture, che andrà all'esame del prossimo Consiglio dei ministri.
“Una rappresentazione aggravata dal mancato pagamento del caro materiali per opere già eseguite (relative all’ultimo trimestre 2024 e ai primi cinque mesi del 2025 previste dal Dl Aiuti) e dalla mancanza di liquidità (da giugno 2026) derivante dalla fine del Pnrr”, precisa il segretario.
Tuttavia, “stiamo registrando, anche nei cantieri PNRR, un rallentamento della produzione con difficoltà economiche nell’intera filiera degli appalti, che causano anche ritardi nei pagamenti dei lavoratori. Pertanto riteniamo che senza alcun intervento da parte del governo le imprese sane rischiano di essere costrette a cedere il passo ad operatori economici meno qualificati, che si accaparrano lavori a costi bassissimi, generando spesso carenze in materia di salute e sicurezza e di diritti dei lavoratori”.
“Lo scenario – aggiunge Di Franco - è reso ancora più grave se si considera che nel 2024 su 62 mila appalti di lavori pubblici per quasi 61 miliardi di euro, circa il 90%, è stato assegnato senza nessun confronto concorrenziale (dati Anac)”.
In sintesi, “il governo non paga quanto dovrebbe per il 2024-2025 e annuncia che per il 2026 quanto necessario per il caro materiali sarà a carico delle stazioni appaltanti, quindi a saldi zero per lo Stato.
“Quindi - conclude il segretario della Fillea Cgil - per portare a termine i lavori in corso le stazioni appaltanti pubbliche (Enti locali, Rfi, Anas) dovranno rivedere i tempi di realizzazione di altre opere già programmate ma non ancora appaltate. Con una manovra di bilancio che non introduce elementi di crescita per il Paese, l’arretramento delle costruzioni rischia di essere il colpo finale all’industria già ferma da mesi. Pertanto sarà ancor più importante la discussione e il confronto allargato che come organizzazione sindacale, affronteremo con parti sociali e datoriali, partendo dall’indagine scientifica del Cresme: ‘COSTRUZIONI. Il valore dell’Industria Casa nell’economia italiana’. Una ricerca che presenteremo il 18 novembre Roma alle 10.30 al Centro Congressi di via Frentani”.






















