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Lo sciopero di ieri, 25 novembre, con un’adesione che ha sfiorato l’80% tra Grassobbio e Mozzo, nella Bergamasca, ha aperto una fase nuova e più tesa nella vertenza 3V Sigma. Subito dopo la protesta, Filctem Cgil, Femca Cisl e la Rsu hanno incontrato i vertici aziendali per capire quale direzione stia prendendo un’operazione che potrebbe cambiare la fisionomia stessa dell’azienda. È stato avviato il confronto sull’affitto di un ramo d’azienda, un passaggio che i sindacati definiscono incerto, poco trasparente e incapace di garantire un futuro credibile ai lavoratori.
Le criticità dell’affitto di ramo
La procedura riguarderebbe una parte dell’area commerciale e del magazzino, con 17 addetti coinvolti, oltre alle attività di Porto Marghera dove lavorano altri 14 dipendenti. Le società interessate, 3V Sigma USA e 3V Sigma Europe, fanno capo alla stessa famiglia proprietaria, la famiglia Seccomandi. È questo uno dei punti su cui le organizzazioni sindacali hanno messo agli atti le loro critiche: un’operazione interna, senza un vero soggetto industriale in grado di rilanciare l’azienda e che non offre garanzie sulla tenuta occupazionale. I 70 esuberi annunciati restano sullo sfondo come una minaccia concreta.
Mozzo e Grassobbio tra incertezze e rischi
Nei due siti bergamaschi è in vigore da mesi un contratto di solidarietà con riduzioni dell’orario fino all’80%. Una condizione già pesante, aggravata dall’ipotesi di vendita del sito di Mozzo, peraltro non verso un operatore industriale, che aumenterebbe il rischio di smantellamento. A Grassobbio la situazione non è migliore: le criticità sulla continuità produttiva restano numerose e non ci sono segnali di un piano capace di dare stabilità. “Questa procedura non garantisce i lavoratori e non dà alcuna certezza sulla sorte dei 70 esuberi”, denunciano Giuseppe Errico e Daniele Vedovati.
La richiesta di responsabilità
Per i sindacati la posta in gioco riguarda l’intero territorio. I siti di 3V Sigma custodiscono competenze e professionalità che, una volta perse, sarebbe impossibile ricostruire. Il messaggio è chiaro: serve un piano vero, che riconosca gli errori di gestione degli ultimi anni e che non tenti di scaricare su lavoratrici e lavoratori il costo della crisi. Errico e Vedovati chiedono che l’azienda e tutti i soggetti coinvolti nella composizione negoziata assumano un ruolo responsabile, mettendo al centro la continuità produttiva e la salvaguardia occupazionale.






















