Lo spezzatino sembra essere il piatto preferito dalle multinazionali delle telecomunicazioni. L’ha preparato prima Tim presentandolo ben condito e apparentemente profumato. In realtà l’odore che quel piatto apparecchiato per far gola ad acquirenti e azionisti emanava, era quello nauseabondo del profitto per il profitto e del possibile preventivato “sacrificio” sul suo altare di lavoratori e lavoratrici.

Cambia il marchio, cambia la multinazionale ma la pietanza rimane la stessa: lo spezzatino. E come accadde in Tim, lo scorso 4 maggio i dipendenti di WindTre hanno incrociato le braccia contro la volontà della multinazionale di spezzettare l’azienda vendendo l’asset della rete (il vero patrimonio delle Tlc) a un fondo svedese. E come sarà possibile, si sono domandati Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil che hanno indetto la mobilitazione, mantenere l’attuale livello di occupazione? La preoccupazione è molta anche tra lavoratori e lavoratrice ed infatti ad incrociar le braccia sono stati davvero in tanti.

Le preoccupazioni del sindacato

La vendita della rete attraverso la formula della cessione di ramo d’azienda al fondo svedese Eqt, per Riccardo Saccone, segretario nazionale della Slc Cgil: “è una scelta totalmente sbagliata che non ha alcun razionale industriale, ma mira a fare cassa per fronteggiare le evidenti storture di un modello di mercato delle telecomunicazioni folle. La guerra delle tariffe  - aggiunge il dirigente sindacale - sta di fatto trasformando il settore Tlc italiano in un ‘emporio’ dove i gestori, pur di sopravvivere, smettono di fatto di investire sull’infrastruttura e l’innovazione, concentrandosi esclusivamente sull’erogazione di servizi a prezzi sempre più stracciati, con buona pace degli investimenti e della tenuta della qualità dell’occupazione”.

L’aspirante compratore

WindTre è, forse a breve occorrerà scrivere era, una azienda di Tlc la sua forza in questi anni è stata proprio il suo essere unica ed integrata ma il suo futuro sarà diverso. Ha deciso di spacchettare e far confluire dentro una NetCo la reta e tutto ciò che la riguarda cedendola non ad un’altra multinazionale del settore ma a un fondo di investimento EQT che conta 184 società nel suo portfolio. Sempre del settore? Assolutamente no, anzi, dicono i sindacati: “EQT, presente in Italia in aziende quali Facile.it, Antas, Idealista, Casa.it e Lima Corporate, è un fondo leader negli investimenti alternativi con un particolare focus sul mondo delle infrastrutture i cui investimenti, di media, hanno una durata di 5/7 anni al termine dei quali, ottenuti i consolidamenti aziendali programmati, vende ad investitori di più lungo periodo”.

Il futuro del lavoro

Che succederà di WindTre? Sostanzialmente diventerà un’azienda di multiservizi, erogatrice di telefonia mobile e fissa, ma anche di luce & gas, assicurazioni, security, IOT. Le resteranno le licenze e circa 4000 dipendenti. E ai dipendenti? A porsi l’interrogativo è ancora il segretario nazionale Saccone: “Ci chiediamo come possa resistere quel che rimarrà di WindTre, senza l’infrastruttura di rete ma con ancora 4.000 dipendenti, in un contesto che la vedrà competere con realtà molto più snelle, per esempio gli operatori virtuali, con costi di gestione ben più bassi”.

Il futuro del Paese

Uno dei temi fondamentali di sviluppo su cui punta l’Europa è la transizione digitale. Non è un caso che sia uno dei capitoli più ricco di risorse del Pnrr, ma se così è come si fa a non interrogarsi sul destino del settore? Eppure come questa si dispiegherà e si tradurrà in Italia, a cominciare dalla copertura infrastrutturale, dalla rete ultraveloce a quella 5G, appare una preoccupazione solo delle organizzazioni sindacali, certo non di chi ci governa. È ancora Saccone a chiosare: “Possibile che nessuno fra le istituzioni di questo Paese si accorga della pericolosità della china intrapresa da un settore tanto strategico? Così non si fanno né gli interessi dei lavoratori, né tantomeno del Paese che si ritrova con infrastrutture sempre meno competitive a livello europeo e sempre più trasformato in un enorme mercato, dove la fanno da padroni solo considerazioni di carattere finanziario”.