Indietro tutta. Sui contratti nazionali e lo stato del loro rinnovo potremmo riassumerla con questo slogan, indietro tutta. Perché, se fotografiamo le trenta intese più importanti, la situazione che ci consegna l’attualità è che oltre la metà delle lavoratrici e dei lavoratori del settore privato in Italia aspettano il rinnovo del loro contratto. Alcuni di loro da anni e anni. In ballo salari non adeguati che, dopo le ultime impennate di inflazione e costo delle bollette, non consentono a molti cittadini di arrivare alla fine del mese. È qui che si annida una parte del lavoro povero, in queste intese ormai lontane dall’attualità, ormai incapaci di tenere testa alle crisi che si stanno succedendo da tempo e senza soluzione di continuità.

I numeri e i contratti

A restare sotto le macerie di uno stallo generalizzato insopportabile rischiano di essere quasi 7 milioni di persone su un totale di 12,8 milioni. Entrando nello specifico di alcuni contratti in cui è più alto il numero degli attivi coinvolti, sono tre milioni gli addetti e le addette di turismo, commercio e ristorazione a restare appesi. Mentre il contratto della vigilanza, pecora nera, cattivo esempio per eccellenza di questo andazzo, è scaduto da sette anni e per la sezione servizi fiduciari prevede una paga media di 5,5 euro l’ora. Insomma, per i fanatici dei macro dati, sono 591 i contratti nazionali scaduti al 31 dicembre del 2022.

Senza la garanzia di un adeguamento dei salari, che in Italia sono già storicamente al palo come gli analisti hanno reso evidente più volte, non sono solo le vite di molti italiani a diventare un incubo, una continua rincorsa spesso impossibile, ma anche l’economia del Paese, bloccata dal crollo dei consumi, in una spirale che, avvitandosi su se stessa, non lascia più alcuna via d’uscita.

Le parole di Maurizio Landini

Lo ha ribadito recentemente il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in un’intervista alla Stampa: “Bisogna fare in fretta, milioni di lavoratori attendono”, ha detto il capo del sindacato rosso chiedendo “almeno cinque punti di taglio del cuneo contributivo a cui aggiungere il recupero del fiscal drag. L’obiettivo è quello di permettere ai lavoratori e alle lavoratrici italiane di recuperare una mensilità all’anno, obiettivo da rinforzare con il rinnovo dei contratti nazionali che non si fermi all’inflazione Ipca, ovvero l’indice dei prezzi al consumo armonizzato”.

L’uscita dalle pastoie di questa crisi resa ancora più dura dalla guerra passa attraverso i tavoli della contrattazione nazionale. Rinnovare quelle intese è uno dei passi che darebbe ossigeno a molte lavoratrici e a molti lavoratori oggi davvero in grande difficoltà.

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