Con la firma dell’ipotesi di rinnovo del ccnl dell’edilizia, avvenuta la sera del 3 marzo, tra Fillea Cgil, Feneal Uil, Filca Cisl e Ance e Alleanza delle Cooperative, si è raggiunta un’intesa importante per il settore (che sta contribuendo non poco alla ripresa economica e la cui valenza strategica è nota), per il milione e passa di lavoratrici e lavoratori a cui si rivolge, ma anche per il Paese (e forse anche per il sindacato confederale).

Prima di tutto perché, essendo uno dei settori dove il sindacato sta governando in termini di investimenti, priorità, aspetti contrattuali, occupazionali e di organizzazione del lavoro, le risorse del Pnrr, le risorse ordinarie (incentivi o opere commissariate) e le risorse del Fondo complementare, grazie a una serie di accordi con il governo e con le grandi aziende commettenti (accordi con il Mims, atti di indirizzo, accordi con i commissari straordinari, accordi con Rfi, Anas, ecc.), aver inserito e generalizzato tutte quelle conquiste nel rinnovo del ccnl consolida una strategia valida per l’oggi ma anche per il domani.

Un strategia valida, quindi, per il merito specifico, sia in relazione alle parti normative (dal sotto-inquadramento alla formazione, dalla salute e sicurezza al contrasto alla precarietà), sia in relazione alle parti salariali. Soprattutto in una stagione così complicata dove – tra alta inflazione e scarsa qualità della crescita – siamo tutti impegnati a rilanciare la funzione della contrattazione collettiva, intesa anche come autorità salariale.  

Questo rinnovo evidenzia infatti che, investendo sul lavoro, si investe sulla qualità del settore e delle stesse imprese. Abbiamo – non a parole, non nelle premesse che non si negano mai a nessuno (e anzi poi si contraddicono negli articolati successivi) – spinto le aziende ad assumere la qualità del lavoro, la formazione (in particolare sulla sostenibilità), la crescita professionale e la sicurezza nei cantieri come elementi cardine per contribuire a qualificare il settore. Per chi conosce la storia dei costruttori e dei cosiddetti “palazzinari” non è poca cosa, anche rispetto a un’immagine (oltre che a una pratica) che nel tempo si era consolidata.

Anche i riconoscimenti salariali, importanti, evidenziano come sia strategico oggi più che mai investire sui lavoratori, confermando il contratto collettivo nazionale come autorità salariale, anche redistributiva.

Un rinnovo, insomma, che, coinvolgendo oltre un milione di lavoratrici e lavoratori, operai, tecnici, impiegati, vuole trasmettere fiducia nel futuro e vuole dimostrare che un sistema forte e innovativo di relazioni industriali può fare la differenza.

Se il rinnovo del ccnl nel 2018 – in piena crisi – è stato il contratto della “messa in sicurezza” dei nostri istituti contrattuali e dei nostri enti bilaterali (tra i pochi ancora a mutualismo solidale collettivo e non a “posizione individuale”), questo ccnl sistematizza una strategia che ha visto la categoria agire alleanze, mobilitazioni, accordi e avanzamenti normativi, tutti segnati dalla stessa filosofia che ora trova una sua stabilizzazione.

Dalla vittoria sui modelli commissariali “non modello Genova” agli accordi con il ministro De Micheli, dalla difesa del codice degli appalti fino al decreto 77/2021 con la parità di trattamento per i lavoratori in subappalto, passando per i protocolli con le grandi stazioni appaltanti, alle intese con il Mims e relativi atti di indirizzo con il ministro Giovannini, dal Durc di congruità (molto più serio ed efficace di quanto l’Inps va pensando in queste ore in materia di appalti) fino al decreto del 25 febbraio 2021 che vincola gli incentivi solo ai ccnl di settore sottoscritti da chi è comparativamente più rappresentativo (merito del ministro del Lavoro Orlando che ha ascoltato le parti sociali). Ecco: il rinnovo del ccnl accoglie questa visione e assume questa strategia.

Non a caso il rinnovo sottoscritto prevede un meccanismo automatico di contrasto al sottoinquadramento, per cui all’operaio comune, con almeno un’anzianità di 36 mesi nel settore, di cui 12 con la medesima azienda e che abbia frequentato con esito favorevole almeno un corso di formazione professionalizzante presso gli enti di settore, sarà riconosciuto l’inquadramento di operaio qualificato. All’operaio qualificato, con un’anzianità di settore di almeno 48 mesi di cui 12 con il medesimo datore di lavoro e che abbia frequentato con esito favorevole almeno un corso di formazione professionalizzante presso gli enti di settore, sarà riconosciuto l’inquadramento di operaio specializzato

E comunque, nell’ipotesi di nuove assunzioni, gli operai specializzati e gli operai qualificati non potranno più essere inquadrati come operai comuni. Si valorizza così, una volta per tutte, la professionalità acquisita nel settore, contrastando la pratica di sotto inquadrare i lavoratori ogni volta che cambiano datore di lavoro. Una condizione che, data la forte mobilità e discontinuità in edilizia, è molto presente. La portata di questa norma sta nel combinato disposto di assumere l’anzianità anche del settore (e non solo aziendale) e nel fatto che la formazione “fa” lo scatto di inquadramento, con una clausola di “non ritorno indietro”.

Importanti e significativi sono gli investimenti sulla formazione, con la definizione di un catalogo formativo nazionale, offerto dalle scuole edili/enti unificati con particolare attenzione al green building, al rischio sismico, alla bioedilizia, al risparmio energetico, al recupero, con il versamento di un + 0,20 per cento sulla massa salari a carico delle aziende (dal primo ottobre 2022).  Questo al fine di sostenere la domanda di lavoratori sempre più qualificati e professionalizzati: le gambe, le braccia e le teste senza le quali non si potranno mai raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, di risparmio energetico, di rigenerazione di cui alla Agenda Ue e Onu. Insomma, il ccnl e la formazione come un pezzo di “politica industriale”, contro i colli di bottiglia spesso presenti quando magari si incentiva una domanda (bonus e super bonus vari), ma mai la capacità di offerta.

Con questo spirito viene anche introdotto per la prima volta un “premio di ingresso nel settore”, per cui ai giovani di età inferiore ai 29 anni, dopo 12 mesi di permanenza nella stessa impresa, sarà riconosciuto un importo aggiuntivo di 100 euro. Questo anche per dare un “messaggio” di attenzione ai giovani che scelgono il settore delle costruzioni come esperienza lavorativa.

Prevista poi la possibilità di fare formazione al sabato presso le scuole edili, regolarmente retribuendo i lavoratori (governando così di fatto anche il ricorso al sesto giorno, ora finalizzato alla formazione) e con meccanismi premiali, che saranno definiti al secondo livello.

Formazione tanta, quindi, ma anche – per essere coerenti tra quello che diciamo e quello che facciamo – tanta sicurezza. Viene portata all’1 per cento in tutta Italia (a partire dal primo ottobre 2022) la contribuzione destinata agli enti territoriali formazione e sicurezza, garantendo così gli stessi standard di qualità e tutele in tutto il Paese. Viene inoltre prevista la gratuità per i corsi per la formazione dei preposti in materia di sicurezza sul lavoro.

Viene costituita un’anagrafe di tutti gli Rsl eletti in ciascuna azienda, con l’obbligo di comunicazione all’ente bilaterale per sicurezza territoriale, e inoltre viene prevista la formazione sulla sicurezza cosiddetta di “richiamo”, ogni tre anni per tutti i lavoratori invece dei 5 anni previsti dalla normativa vigente. Una deroga in meglio che, quando si parla della vita dei lavoratori, non è mai abbastanza.

Sempre in tema di rafforzamento della prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni vi sarà, poi, uno specifico piano nazionale per la sorveglianza sanitaria tramite gli enti bilaterali, a sostegno delle imprese che spesso, piccole o piccolissime, non riescono concretamente a garantirla ai lavoratori (il 42 per cento delle aziende sanzionate dall’Ispettorato del lavoro lo è stato per motivi legati alla sorveglianza sanitaria).

Sempre dentro il capitolo “la salute prima di tutto” viene introdotto il “patto di cantiere”, per cui saranno registrate nelle casse edili tutte le imprese che entrano in cantiere (lavoratori autonomi, somministrati compresi), con verifica sulla corrispondenza tra le attività effettivamente svolte e il ccnl applicato, offrendo alle imprese applicanti correttamente altri ccnl la possibilità di accedere a corsi di formazione sulla sicurezza in cantiere a prezzi agevolati, anche ai fini delle premialità di cui al dlgs. 81/2008.

Sempre nella logica di puntare su un lavoro sicuro, di qualità e stabile sono state confermate le norme sul mercato del lavoro con il mantenimento di percentuali e causali per i contratti a termine (25 per cento massimo e mai eccedente in totale i 24 mesi), cioè norme e tutele più stringenti e di miglior favore rispetto sia alle norme di legge che ai principali contratti dei settori privati. Solo investendo su un rapporto di lavoro stabile e a tempo pieno si possono qualificare meglio, in termini professionali, lavoratori e lavoratrici. Perché, quando si dice che dobbiamo combattere la precarietà, è giusto farlo chiedendo al governo leggi che riducano le tante tipologie precarie e l’abuso dei contratti a termine, ma dobbiamo avere la stessa “grinta” anche quando ci sediamo al tavolo con le aziende.

In termini di governo degli orari di lavoro, il contratto recepisce e generalizza poi le norme contenute in diversi accordi sottoscritti dal sindacato con il governo per le opere commissariate, del Pnrr e del Fondo complementare (accordi 2020 e 2021 con il Mims) per cui, sia per le grandi opere pubbliche che per le opere e per i lavori privati di particolare significato e interesse, si potrà ricorrere al ciclo continuo, h 24 e 7 giorni su 7, solo mediante l’attività minima di 4 squadre operanti su turni di massimo 8 ore a turno e previa contrattazione collettiva. In questo modo si generalizza un’organizzazione del lavoro e un governo degli orari di fatto che mettono la salute e sicurezza e la creazione di occupazione al primo posto.

Significativi, infine, gli aumenti salariali: a fronte di una richiesta di 100 euro di aumenti al primo livello (parametro 100, operaio comune), gli aumenti a parametro 100 saranno di 92 euro (107,6 per l’operaio qualificato; 119,6 euro per l’operaio specializzato). Di questi 92 euro, 52 euro (60,8 al secondo livello, 67,6 al terzo) saranno in busta paga sin dal mese di marzo 2022, ovvero da subito. I restanti 42 euro a parametro 100 saranno erogati a partire da luglio 2023, con scadenza del contratto al 30 giugno 2024 (cioè con un allungamento di solo qualche mese rispetto alla ordinaria durata che da noi rimane triennale).

Tutti aumenti superiori all’inflazione registrata e attesa, che andranno sui minimi retribuitivi, quindi valevoli per tutti gli istituti salariali e previdenziali, di legge e contratto.

Ora, in conclusione, anche il governo e gli enti locali devono fare la propria parte, sostenendo, come stanno facendo a livello normativo e di atti di indirizzo, la qualificazione del settore, ma incoraggiando tali processi anche affrontando i problemi che, tra aumento dei prezzi e scarsità di manodopera, rischiano di rallentare l’importante contributo che il settore sta dando alla ripresa, sostenibilità e competitività del Paese. Il fatto che sia il ministro del Lavoro che il titolare delle Infrastrutture abbiano pubblicamente lodato questo rinnovo ci fa ben sperare che, oltre ai complimenti, seguano scelte concrete e coerenti.

Le parti sociali dimostrano che si può fare, e che, prima di chiedere agli altri, si fanno con serietà, ognuno per quel che gli compete, i “compiti a casa”.

Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil