Nelle Marche solo a un bambino su quattro viene garantito il diritto di frequentare un asilo nido. Una situazione che rappresenta una vera e propria emergenza. Secondo gli ultimi dati dell’Istat elaborati dalla Cgil, nella regione ci sono 29.447 bambini e bambine da 0 a 2 anni, a fronte dei quali i posti disponibili in asili nido, micro nidi o sezioni primavera, pubblici o privati sono solo 8.697. Ciò significa che appena il 27,7%, ovvero poco più di un bambino su quattro, può usufruirne mentre ben 20.750 bambini e bambine sono esclusi dal circuito dei nidi.

Un dato peraltro notevolmente inferiore a quello dell’Umbria o della Toscana che fa delle Marche il fanalino di coda di tutte le altre regioni del Centro. "Uno scenario preoccupante - si legge nel comunicato della Cgil regionale - perché gli asili nido rappresentano una fondamentale occasione educativa e di socialità e per questo devono essere garantiti a tutti: asili nido come diritto dei bambini e delle bambine".

Ai nidi si aggiungono 861 posti nei servizi integrativi per la prima infanzia (spazio gioco, servizio in contesto domiciliare, centro bambini genitori) che portano l’offerta complessiva a 9.558 posti, comunque assolutamente insufficienti.

“Il Governo ha posto il tema degli asili nido come prioritario, destinando 4,6 miliardi di euro al Piano per asili nido, scuole dell’infanzia e servizi educativi per potenziare l’offerta di 260 mila posti in Italia: un’occasione da non perdere per potenziare la rete degli asili nido, per ridurre i costi a carico delle famiglie e favorire l’occupazione soprattutto femminile”, dichiarano Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche e Rossella Marinucci, segretaria regionale, responsabile delle politiche di welfare.

“È stato emanato il bando per 3 miliardi di euro del Pnrr, di cui 2,4 miliardi destinati al potenziamento dell’offerta di nidi, che rappresenta un’opportunità unica, da non sprecare. I Comuni hanno tempo fino al 28 febbraio per presentare i progetti. I tempi stringono e per questo chiediamo ai Comuni di conoscere al più presto come si stanno attivando per non perdere questa importante opportunità e alla Regione di svolgere un ruolo di coordinamento, supporto e monitoraggio delle azioni da intraprendere”.

Delicata anche la situazione del costo dei nidi: "le Marche - denuncia la Cgil nella nota - sono la regione con la più alta percentuale di compartecipazione ai costi richiesta agli utenti a livello nazionale dopo la Basilicata, pari al 25,5% della spesa complessiva a causa soprattutto dei bassi livelli di spesa media per utente a carico dei comuni: 4.658 euro per utente, ben al di sotto dei 6.380 euro medi a livello nazionale o dei 6.968 euro dell’Umbria e dei 5.448 euro della Toscana. La quota pagata dalle famiglie per l’asilo nido è mediamente di 1.592 euro a bambino: le rette sono insostenibili per molte famiglie e sempre più spesso condizionano la scelta di affidamento dei bambini ai nidi".

Per quanto riguarda la spesa media dei comuni per bambino, si passa da 6.034 euro nei nidi comunali a gestione diretta, a 4.192 euro per i nidi comunali gestiti da terzi, a 1.641 per nidi privati con riserva di posti fino ad arrivare a 923 euro nel caso di contributi erogati alle famiglie per la frequenza dei nidi (compresi voucher).

"Si parla spesso impropriamente dei costi dei servizi, soprattutto quelli pubblici, mentre - si legge nel comunicato - non si parla abbastanza del costo della loro mancanza: costi educativi, sociali, economici in termini di povertà educativa, dispersione scolastica, diseguaglianze, denatalità. I nidi hanno una fondamentale funzione educativa e concorrono all’inclusione e al riequilibrio delle distanze socio-economiche. Si configurano come diritti dei bambini e delle bambine e per questo è fondamentale superare i divari nell’utilizzo e nell’accessibilità in base alle condizioni socio-economiche delle famiglie. Peraltro, le famiglie in cui lavora un solo genitore hanno maggiori difficoltà ad accedere ai nidi pubblici per i criteri d’accesso applicati dai comuni e a quelli privati per l’onerosità delle rette, mentre le famiglie con due redditi, o con titoli di studio più alti, hanno maggiori probabilità di iscrivere i bambini al nido. Il potenziamento dell’offerta di nidi crea opportunità di lavoro femminile di qualità e contribuisce a liberare il potenziale delle donne, rendendo l’educazione e il lavoro una questione pubblica, oggi lasciati sulle spalle delle famiglie e distribuiti in modo diseguale tra i generi".