Nel pacchetto di rivendicazioni di uno sciopero generale all’insegna dello slogan “Insieme per la giustizia” sono centrali i temi della previdenza. Cgil e Uil criticano il Governo sia per l’insufficienza delle misure inserite nella legge di bilancio sia per l’assenza di coraggio nell’affrontare da subito le tante questioni aperte con la fine di Quota 100 e la necessità di cambiare la legge Fornero che ha portato l’età del pensionamento in Italia in vetta alle classifiche europee. Che succederà ora? Quali sono su questi punti le valutazioni della Cgil? Lo abbiamo chiesto al segretario confederale, Roberto Ghiselli, che ha la delega alle politiche previdenziali.

Come si potranno sbloccare le vostre richieste?
La cosa più grave riguarda il mancato rispetto degli impegni politici presi dallo stesso Governo nell’incontro del 16 novembre. Ci avevano annunciato l’apertura di un tavolo per discutere delle misure da inserire nella legge di bilancio e la volontà di avviare dai primi di dicembre il confronto sulla riforma della previdenza. Quegli incontri però non ci sono mai stati e ora siamo fuori tempo massimo, almeno per gli aspetti legati alla legge di bilancio, visti i tempi di approvazione della manovra per il 2022. Senza considerare che è dall’insediamento di questo Governo che il sindacato sollecita l’avvio di un confronto per la riforma della previdenza, mesi nei quali è brillata la completa latitanza del ministero del Lavoro e dell’Esecutivo.

Qualche piccola “apertura” c’era però stata. Perché la considerate insufficiente?
Quello che la proposta di legge di bilancio prevede sulla previdenza è irrilevante e riguarda misure temporanee per il 2022. Del resto se togliamo dal capitolo previdenza quelle misure che di previdenziale non hanno nulla, come il contributo per le Pmi, le risorse previste a bilancio sono inferiori a 400 milioni, un dato che si commenta da sé. Quota 102, come abbiamo spiegato in varie occasioni, non è una soluzione, visto che potrà coinvolgere circa 8 mila persone. Le altre misure legate all’Ape sociale sono limitate in quanto a platea coinvolta e soprattutto perché applicate fino a concorrenza delle poche risorse messe a disposizione. Positivo l’allargamento della platea dei lavori gravosi (da 57 a 221 mansioni), che recepisce in parte il lavoro dell’apposita commissione di cui anche noi facevamo parte, ma le limitate risorse messe in campo, il limite di un anno di proroga dell’Ape sociale e il fatto che l’estensione non riguarda i lavoratori precoci al momento rende l’intervento sui lavori gravosi poco più che simbolico.

Che cosa proponete? E quali sono le richieste dello sciopero generale?
Per noi il riferimento rimane la piattaforma sindacale unitaria che prevede, per poter andare in pensione, 62 anni di età o 41 anni di contribuiti maturati a prescindere dall’età anagrafica. Inoltre chiediamo una pensione di garanzia per i più giovani, in particolare che chi ha fatto lavori discontinui o con basse retribuzioni, il riconoscimento del lavoro gravoso, di cura e delle donne, norme per garantire a tutti il libero accesso alla previdenza complementare. Mentre per quanto riguarda gli interventi più immediati da inserire in legge di bilancio le richieste possiamo sintetizzarle in sei punti. Primo: ci vogliono più risorse per Ape sociale e precoci, estendendo anche a questi ultimi le mansioni considerate gravose. Secondo: ridurre da 36 a 30 il tetto dei contribuiti da versare per alcune categorie (per esempio gli operai edili e agricoli). Terzo: introdurre misure specifiche per i disoccupati di lunga durata per dare loro la possibilità di accedere all’Ape sociale anche senza aver utilizzato un ammortizzatore sociale. Quarto: ridurre di cinque anni i contributi delle donne per poter accedere all’Ape. Quinto: per i giovani che sono nel regime contributivo ridurre il limite minimo del trattamento da maturare per poter accedere alla pensione di vecchiaia anticipata (attualmente previsto a 64 anni), da 2,8 a 1,5 volte l’assegno sociale. Sesto: apertura di un anno di silenzio-assenso per dare la possibilità a tutti i lavoratori di accedere alla previdenza complementare.