Altri undici anni di cantieri e ponteggi, in un settore, quello edile, più esposto di tutti a usura, gravosità, malattie professionali e infortuni gravi e mortali: al momento è questo il futuro di Ercole Cardia, che ha 56 anni e soli 25 di contributi, ma da quasi quaranta sale e scende dalle impalcature. Per lui e per migliaia di suoi compagni di lavoro che meritano la pensione, la Fillea Cgil chiede un atto di giustizia, ridurre da 36 a 30 gli anni di contributi per accedere all’Ape Sociale. Si può fare subito, nella legge di Bilancio, per questo la segretaria regionale Erika Collu, insieme a Caterina Cocco della Cgil confederale, ha rivolto un appello alla presidente della Commissione Lavoro della Camera Romina Mura, affinché sostenga un emendamento che modifichi i requisiti attuali.

(Il racconto di Ercole Cardia, operaio edile)

È stato Ercole Cardia, nella sede della Cgil Sardegna, a consegnare nelle mani della parlamentare sarda la lettera appello. L’operaio edile, con le sue sette discopatie, i tendini lesionati, la sindrome del tunnel carpale, è la testimonianza emblematica del corto circuito che può generarsi quando le norme non tengono conto del contesto in cui vengono applicate, delle persone che le subiscono. “Il 30% degli infortuni nei cantieri coinvolge lavoratori over 50 – spiega la segretaria Fillea regionale Erika Collu - il 70% delle malattie professionali colpisce quelli tra i 50 e i 64 anni, un incidente mortale su quattro riguarda ultra-cinquantacinquenni”.

Intanto, il settore edile è in piena ripresa: la massa salari a livello nazionale supera i 7 miliardi (non capitava da 13 anni) ma gli infortuni aumentano e il 76% degli operai edili è sotto-inquadrato. La Sardegna non fa eccezione: secondo i dati elaborati dalla Fillea regionale, le ore lavorate hanno registrato +19.58% nell’anno edile 2020-21; i lavoratori sono aumentati del 12,79% rispetto al 2018-19 (da 14 mila 462 a 16 mila 311); la massa salari è passata da 210.887 (anno 2018-19) a 240.479 (2020-21), con un +14% che diventa +21.61% rispetto al 2019-20; le imprese sono salite a 3993, 131 in più nell’ultimo anno. In questo quadro di crescita - con il 30% dei lavoratori concentrati nella fascia d’età fra i 51 e 65 anni (il 25% tra 41 e 50 anni e un altro 25% in quella 51-60) - le denunce di infortunio tra gennaio e settembre 2021 sono aumentate del 90 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: ben 1196 nella fascia d’età 55-59, 1158 in quella 45-49, 1085 fra 45-49 anni e 765 fra i 60-64.

“Questi dati – ha spiegato la segretaria regionale Fillea – ci dicono che crescita non significa automaticamente buona occupazione ma soprattutto che i lavori non sono tutti uguali, così come non lo è la loro gravosità e pericolosità, e bisogna riconoscere queste differenze per tutelare chi svolge lavori più faticosi, esposti alle intemperie stagionali e usuranti”.

L’appello della Fillea si inserisce nel quadro della piattaforma complessiva e unitaria sul tema delle pensioni: “La riforma deve fondarsi sul principio della sostenibilità sociale oltre che su quella economica” ha concluso la segretaria regionale Cgil Caterina Cocco sottolineando che “al lavoro vanno restituite dignità e valore e non a caso, la proposta del sindacato si regge su una visione complessiva che mette insieme tutti, i giovani, le fasce deboli, le donne, i tanti lavoratori che in vario modo svolgono attività usuranti e gravose”.