Per preparare uno sciopero all’insegna dello slogan “Insieme per la giustizia”, un passaggio importante e inevitabile è quello che riguarda il futuro dell’industria e il tipo di sviluppo che si vuole costruire in Italia. Ne abbiamo parlato con il segretario confederale Cgil (con delega alle Politiche industriali) Emilio Miceli.

Partiamo dal tema delle delocalizzazioni. A che punto siamo?
Stiamo ancora aspettando il testo definitivo del provvedimento del governo. Finora abbia avuto solo bozze. In realtà abbiamo bisogno di definire al più presto regole stringenti che possano trattenere le aziende il più possibile nel nostro Paese. Per far questo è necessario avviare un processo istruttorio che coinvolga, oltre al governo, sindacati e imprese. Dobbiamo guardare alle produzioni che si vorrebbero decentrare, capire se si tratta di fasi della produzione o di interi stabilimenti. Bisogna introdurre sanzioni per chi danneggia il Paese e i singoli territori. Dobbiamo anche affrontare il problema del vero e proprio sequestro che fanno molte imprese degli stabilimenti che hanno abbandonato per delocalizzare.

Le crisi industriali e le riconversioni passano tutte dal tavolo del ministero dello Sviluppo economico. Non si potrebbe partire da lì?
Quel tavolo, per come è strutturato oggi, appare insufficiente. C’è bisogno di condividere le scelte strategiche, finora è mancata qualsiasi riflessione sull’adeguatezza degli strumenti utilizzati per affrontare le tante crisi industriali. È necessaria una visione che abbia un grande respiro per il futuro.