Non sono bastati cento anni. Era la notte tra il 25 e il 26 aprile del 1921 quando gli squadristi fascisti attaccarono per la prima volta la Camera del Lavoro di Torino. Colpiscono le fotografie di quella irruzione, così simili a quelle che raccontano l’assalto di sabato scorso nella sede nazionale della Cgil a Roma. Colpisce che solo pochi giorni prima, il 27 settembre, nella Camera del Lavoro di Settimo Torinese, un uomo che non è stato ancora identificato, si è introdotto nei locali durante l’orario di apertura e ha imbrattato i muri con simboli nazifascisti.

A pensarci oggi, ci confida la responsabile della Cgil territoriale, Alfonsina D’Onofrio, “non sembra proprio una casualità, l’insensata volontà di un singolo. Direi che rientra tutto in un disegno più ampio dove si incanala la rabbia generata dal disagio sociale e lavorativo che ormai da tempo stiamo vivendo”.

Un atto di fronte al quale la Cgil di Settimo ha reagito prontamente, organizzando una notte di apertura straordinaria già il primo ottobre, data in cui cittadini, istituzioni e società civile hanno portato la loro solidarietà al sindacato partecipando a un’iniziativa.

È in questo quadro che è stata allestita la mostra fotografica, all’interno dei locali, nella quale sono esposte le istantanee del 1921 e di quell’attacco. Allora come ora si vedono tavoli rovesciati, librerie messe a soqquadro e, ovunque per terra, vetri, documenti e libri.

“La sensazione vissuta sulla nostra pelle qui a Settimo – ci ha detto Alfonsina D’Onofrio – è quella di chi scopre che, mentre si trovava in casa propria, ha subito l’incursione di un estraneo malintenzionato. Ci siamo sentiti violati nella condivisione dei nostri spazi con il pubblico. E abbiamo realizzato che chi ha agito sapeva esattamente dove siamo, quali sono le nostre abitudini, quanto sia aperto e libero il nostro presidio di prossimità. Ci hanno invaso mentre svolgevamo il nostro ruolo a sostegno e in difesa dei lavoratori e della cittadinanza”.

“E poi ci sono le forti analogie tra la distruzione di sabato scorso a Roma e quello che è successo a Torino nel 1921. Stessa matrice, stessa violenza, stessa impronta, stessa cattiveria, un secolo fa raccontata con foto in bianco e nero, oggi con immagini a colori".

“Di fronte a quel buio della ragione - ragiona la dirigente sindacale - non c’è stata alcuna paura, ma solo lo stimolo istantaneo a riaprire e accogliere il giovane, il cittadino, l’immigrato, a sostenere tutti quelli che si rifanno ai valori della democrazia, della Resistenza, che ogni giorno lottano contro la violenza".