Il Sud viene indicato come una priorità per il Paese, ma alle parole non seguono i fatti. Anzi, l’impressione è che il Mezzogiorno sia diventato solo un titolo. Ce lo dimostrano le azioni di un governo che ha il baricentro nel Nord del Paese e che ad esso esclusivamente guarda. L’elenco è presto fatto: benché le risorse del Pnrr le dobbiamo soprattutto al Mezzogiorno e alla necessità di superare l’atavico gap, non risulta che ci siano misure specifiche, a parte quelle sulle infrastrutture. Non è facile dire come si centrerà l’obiettivo del Pnrr di riduzione delle diseguaglianze territoriali. Le strategie di ogni missione del Piano e il loro impatto sulle priorità trasversali sono assai generici.

Il governo annuncia la decisione di investire non meno del 40% delle risorse territorializzabili, pari a circa 82 miliardi, nelle otto regioni del Mezzogiorno. Ma questi 82 miliardi nel Pnrr non ci sono. Nei documenti ufficiali è individuabile solo poco più di un quarto delle risorse ipoteticamente destinate al Mezzogiorno. Le misure del Pnrr che prevedono un investimento per il Mezzogiorno (33 su 157) e le 5 del Fondo complementare indirizzano in tutto verso il Mezzogiorno investimenti per un totale di 22.209,27 milioni.

Il primo e principale problema è comunque che è del tutto assente un indirizzo politico verso la perequazione delle dotazioni infrastrutturali e della disponibilità dei servizi nelle diverse aree del paese. Si veda il caso degli asili nido, per i quali la misura destina ben 4,6 miliardi ma manca qualsiasi indirizzo territoriale, in presenza di disparità estremamente ampie. Ciò significa che il Governo non ha ritenuto di dover garantire pari diritti ai cittadini italiani in più tenera età, ma di affidarli all'alea di procedure competitive.

L'allocazione delle risorse dipenderà dai criteri che saranno definiti nei molti bandi. Da questo punto di vista l'esperienza italiana è particolarmente critica e richiederà la massima attenzione: sono infatti  numerosi i casi in cui i criteri per i bandi, o comunque di governo dell'allocazione delle risorse, hanno previsto indicatori tali da penalizzare le regioni più deboli del paese. Criteri apparentemente tecnici, "neutrali" e invece volti a predeterminare almeno in parte l'esito dei riparti. Certamente varranno anche le capacità delle amministrazioni di volta in volta chiamate a concorrere per queste risorse.  Ma proprio le aree più deboli del paese hanno le amministrazioni meno attrezzate e questo peserà nei processi di attuazione degli interventi previsti dal Pnrr e dal Fc. Quindi, riepilogando, solo 35 miliardi di euro sono certamente allocati nel Mezzogiorno. 

In Sicilia oggi l’apparato produttivo stenta a decollare, la pubblica amministrazione è in affanno e aziende di Stato e grandi player non guardano all’Isola. Settori strategici come il sistema dei trasporti non decollano. Nei poli industriali non si fanno le bonifiche, accordi stipulati stentano a decollare, le riconversioni segnano il passo. Nell’operazione Mps e UniCredit le regioni che rischiano di essere devastate in termini di occupazione e di sportelli sono quelle del Mezzogiorno. Ma c’è forse un settore che più di tutti indica la disattenzione di questo governo verso il sud del paese ed è quello dell’istruzione. Le difficoltà della scuola sono note: il tempo pieno è un miraggio, mancano le mense, altri servizi, l’offerta formativa rischia di essere inferiore rispetto a quella del resto del paese e non per le competenze dei docenti, gli stessi che esportiamo al nord, ma per questioni organizzative generali. Il paradosso al tempo del Covid è poi che mentre crescono gli iscritti nelle università del Sud, il 50% delle risorse va al Nord.

Come Cgil ci siamo stancati di inseguire proclami e promesse. Noi del Sud ci siamo stancati di essere solo un titolo in qualche anfratto di programma. Vogliamo fatti concreti. Che almeno per un po' il baricentro si sposti nel Mezzogiorno, una parte dell’Italia che può dare un contributo decisivo alla crescita del Pil ,che già offre al Paese notevoli risorse umane e che rivendica diritti, pari opportunità, pari dignità.  Si cominci ora con le risposte, una per una e senza soluzione di continuità. La classe dirigente meridionale deve ovviamente fare la propria parte  e la nostra Organizzazione deve rendersi protagonista del rilancio del Mezzogiorno. Cosi forse ce la possiamo fare, facendo dell’essere Mezzogiorno solo una splendida collocazione geografica e non uno stigma di sottosviluppo.

Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia