Lungo i binari che corrono nelle campagne sarde resiste una specie di lavoratori in via d’estinzione in tutta Italia. Si chiamano assuntori e, al riparo di una garitta in cemento non più di un metro per due, senza acqua, né elettricità, né servizi igienici, garantiscono un impegno fino a dodici ore al giorno per far transitare in sicurezza i treni non ancora elettrificati. 

Alle prime luci dell’alba o nel buio che inghiotte i passaggi a livello non illuminati, aprono e chiudono le sbarre in orari prestabiliti. Se il treno fa tardi si chiama in stazione e si resta in attesa, magari aguzzando la vista. Nell’Isola gli assuntori lavorano su tre linee a scartamento ridotto: Monserrato-Isili, Nuoro-Macomer, Sassari-Sorso-Alghero. Poi c’è il servizio ferroviario turistico, il trenino verde. Il sistema è consolidato al punto che l’Arst, società in house della Regione Sardegna, ha bandito una nuova selezione a dicembre scorso: “Ai candidati selezionati – si legge – sarà riconosciuto, per tredici mensilità, un canone mensile pari a 856.56 euro lordi”. 

Quella dell’assuntoria è una tipologia contrattuale normata un secolo fa da un decreto regio e poi congelata in una legge del 1964. Non contempla diritti minimi, persi nel limbo fra lavoro subordinato e autonomo. All’assemblea convocata la settimana scorsa dalla Filt Cgil Cagliari nella stazione di Senorbì, Stefano Mura, 60 anni, in servizio dal 2012 dopo una vita da elettricista, mostra la sua busta paga: “Netto 585 euro”. Il foglio emesso dall’Arst certifica un’anomalia, perché l’assuntore risulterebbe per legge datore di lavoro senza emettere fattura. Un datore di lavoro con contributi Inps pagati dal committente. Mentre quando si assenta per ferie o malattia deve trovare un sostituto e retribuirlo con risorse trasferite ad hoc dall’Arst. Una figura ibrida, che il buon senso prima ancora che sessant’anni di storia del diritto del lavoro dovrebbe spazzar via. Lo potrebbe fare il Parlamento, ad esempio. 

Invece non l’ha ancora fatto, e l’Arst può continuare ad applicare quel contratto. Così gli assuntori sono ancora lì, sparsi nelle campagne e bistrattati al punto che nemmeno la maternità è un diritto esigibile. Patrizia Anedda ha passato quasi metà dei suoi quarant’anni nei passaggi a livello della linea Monserrato-Isili, Sud Sardegna, non molto lontano dalla Cagliari metropolitana. “Il treno lo aspetto in macchina – racconta - perché dentro la garitta è anche peggio, stretta stretta e con una finestrella piccola piccola che quasi si soffoca”. L’anno scorso era incinta di Lara, in gravidanza a rischio, ma è rimasta in servizio sino al sesto mese. Poi ha chiesto l’indennità di maternità: secondo l’Inps, dove risulta lavoratrice dipendente, l’avrebbe dovuta anticipare l’azienda, secondo l’Ispettorato del lavoro no, perché la legge del ‘64 non lo prevede. Il risultato è che nessuno s’è preso la briga di pagargliela, né l’azienda né l’Istituto di previdenza dello Stato. 

Oggi come trent’anni fa, quando Donatella Vargiu, storica lavoratrice dell’assuntoria, cinquantaseienne, aveva presidiato il passaggio a livello fino al nono mese per poi assentarsi in tutto un mese e mezzo “perché non potevo mica rinunciare allo stipendio”. Atri tempi, stesse ingiustizie. Vissute da una vita insieme a Olga Atzori, che di anni ne ha 59 e il primo contratto l’ha firmato nel 1992. In quegli anni “mi passava a prendere mio fratello alle quattro del mattino per portarmi da Mandas a Barrali, e poi mi riportava indietro la sera, quando pure lui rientrava da Cagliari”.

Trent’anni dopo Donatella, Olga e tanti colleghi sognano ancora una busta paga e condizioni di lavoro decorose. Sognano di entrare nell’organico Arst. “È una battaglia per la dignità – ha spiegato la segretaria Filt Cgil Cagliari Massimiliana Tocco - perché quando hai davanti situazioni così palesemente ingiuste, quando il disagio e la sofferenza dei lavoratori sono così tangibili e li vedi che, nonostante tutto, continuano a svolgere le loro mansioni con dedizione e responsabilità, il nostro impegno di sindacalisti non può che essere quello di portare avanti tutte le azioni necessarie per restituire loro la dignità che meritano”. Insieme alla Filt di Cagliari i lavoratori programmano una manifestazione sotto il palazzo della Regione per rivendicare l’applicazione della legge 29 che nel 2018 ha definito l’assorbimento degli assuntori in Arst attraverso una lista ad esaurimento. L’anno dopo l’azienda avvia le procedure e incassa le manifestazioni di interesse. Poi tutto si arena. Il bilancio della Regione certifica lo stanziamento delle risorse, finora la legge non è applicata. E gli assuntori continuano a lavorare più o meno come un secolo fa.