Il 2020 si conclude con un andamento negativo di tutti i principali indici dell’occupazione. Il calo mensile di -101 mila unità del mese di dicembre, rappresenta un forte campanello di allarme per l’anno in corso, facendo per altro riferimento ad un periodo del 2019 in cui l’occupazione era già in leggero calo. La diminuzione riguarda quasi esclusivamente le donne (-99 mila) e questo è un ulteriore pessimo segnale, in un Paese già segnato da un forte svantaggio di genere per l’occupazione. Sempre a dicembre aumentano i disoccupati (+0,3 % pari a +34 mila unità) e tornano a crescere anche gli inattivi (+42 mila).

Su base annuale l’occupazione è inferiore di -444 mila unità rispetto allo stesso mese del 2019 e il tasso di occupazione scende di quasi un punto percentuale. Dall’inizio della pandemia febbraio 2020 l’occupazione cala di oltre -420 mila unità. Un dato comunque alto, sicuramente ridotto dall’enorme ricorso della cassa integrazione e al blocco dei licenziamenti, in mancanza dei quali saremmo a commentare numeri ben più consistenti, come conferma il calo di ben -393mila lavoratori a termine su base annuale.

Oltre a questo l’allarme lavoro è forse temperato da dati della disoccupazione addirittura in calo (-222 mila) rispetto allo stesso mese del 2019. Ma attenzione: si tratta solo di un effetto ottico. La sofferenza occupazionale è ben più alta ed è celata nell’aumento record della inattività (+482 mila unità nello stesso periodo), in cui si nasconde una quota di disoccupati che formalmente non ha svolto ricerca attiva di lavoro imputabile oltre al già noto effetto scoraggiamento alle restrizioni legate all’emergenza sanitaria. È bene sapere che la disoccupazione effettiva è ben più alta.

Il 2021 inizia dunque in ulteriore salita per il lavoro. La recrudescenza pandemica degli ultimi mesi ha drasticamente ridimensionato la "ripresina" in atto nel periodo estivo, la campagna vaccinale è più lenta del previsto per minore invio di vaccini e quindi i meccanismi di contenimento saranno dilatati, le previsioni dell’economia per il primo trimestre 2021 e in quota parte anche per il secondo non sono ottimistiche. Questo influisce su fiducia, cittadini, consumi, fiducia delle imprese e ovviamente occupazione.

Occorre fare tutto il necessario per far ripartire i processi di sviluppo, con le risorse al momento a disposizione e concordando il prima possibile l’attuazione del Recovery plan con l’Europa. Resta altrettanto prioritario non allentare tutele fondamentali per imprese e lavoro, a partire dall’accesso ai finanziamenti, dal proseguimento della cig e del blocco dei licenziamenti oltre alle date attualmente previste, garantendo così la sopravvivenza di una quota importante del sistema produttivo e tutelando lavoro. Sono queste le indiscutibili emergenze e necessità della fase, come anche questi dati confermano, che una crisi politica incomprensibile e sbagliata, può rallentare o addirittura peggiorare.

Fulvio Fammoni è presidente della Fondazione Di Vittorio