Lo stato di agitazione e un pacchetto di 32 ore di sciopero, da effettuarsi a partire dalla ripresa dell’attività, ovvero lunedì 28 dicembre, inclusa l’astensione da tutte le prestazioni di lavoro eccedente, supplementare e straordinario. Questa, la decisione di sindacati, Rsu di sito e lavoratori della Corneliani, la storica griffe dell’abbigliamento maschile, emblema del made in Italy, derivante dalla fase di stallo in cui versa la vertenza.

Dal novembre scorso, finiti i 45 giorni di cassa integrazione straordinaria per Covid-19, lo stabilimento ha ripreso la sua normale attività produttiva, con la consegna nei tempi previsti della collezione autunno inverno e il successivo completamento della collezione primavera-estate 2021, con il rientro al lavoro degli ultimi dipendenti ancora fermi. In tal modo, l’organico si è riformato pressoché al completo nella sede centrale a Mantova, cioè 470 unità, più l’indotto (che diventano oltre duemila, se si considera l’intera filiera, comprendente le sedi di Verona e Vicenza, lo showroom di Milano e i due stabilimenti all’estero, in Slovacchia e Romania).

E’ stato anche raggiunto il budget che l’azienda aveva prefissato, ma comunque si lavora al ribasso, a causa dell’invenduto della primavera-estate 2020, rimasto a far da zavorra nei negozi a causa del lookdown. La crisi del brand del lusso non si è affatto risolta, dopo l’accordo siglato il 22 luglio scorso, a conclusione di una lunga fase di lotta, che ha visto protagonisti per quasi due mesi lavoratori e sindacati. L’intesa, com’è noto, prevede la grande novità dell’ingresso di capitali statali nella Corneliani, attraverso Invitalia, con l’elargizione di dieci milioni nel pacchetto azionario della società.

“L’attuale situazione è stagnante – afferma Michele Orezzi, segretario generale Filctem Cgil Mantova -. Ragion per cui, abbiamo deciso ora di passare alla mobilitazione. La nostra protesta è contro l’irresponsabilità di proprietà e manager che hanno scelto sempre di testa loro: prima ci hanno trascinato e abbandonato al concordato in bianco e ora sono i responsabili di questo stallo. Dal 20 novembre, poi, abbiamo chiesto al Mise, ma finora invano, l’apertura di un nuovo tavolo che sblocchi la situazione. Mentre con l’azienda rischiamo il peggio, se i vertici aziendali non chiedono il rinvio del piano concordatario. La nostra protesta è proprio contro l'inadeguatezza di proprietà e manager, veri responsabili di questo stallo”..

“Negli ultimi mesi, ci siamo mossi lungo tre direttrici – rileva il dirigente sindacale -: investimenti dell’attuale proprietà, erogazione dei fondi statali e nuovi investitori, sapendo che chi deve fare il primo passo mettendo mano al portafoglio per il rifinanziamento è chi ci ha portato alla crisi, ovvero il fondo Investcorp, che controlla la società con l'85% delle azioni, e la famiglia Corneliani (con il 15). Diciamo ai soci: o mettete i soldi o andatevene. Adesso non è più il tempo delle parole, ci vogliono i fatti. Anche perché il tempo scorre via inesorabile e le scadenze incombono. Il 14 dicembre è stato approvato dal Governo il decreto attuativo per sbloccare il fondo salva-aziende, ma le interlocuzioni fra il Mise e i proprietari di Corneliani sono in altomare”.

Insomma, per farsi sentire, occorre necessariamente passare alle maniere forti. “Nelle scorse settimane – spiega Orezzi -, abbiamo richiesto all’azienda di inoltrare presso il tribunale provinciale un’istanza per ottenere il rinvio di novanta giorni per la scadenza del deposito del piano concordatario - peraltro già spostata di due mesi in avanti, dal 15 novembre . Non abbiamo ancora ricevuto risposte esaurienti su questo punto, e siamo preoccupati da un ulteriore disimpegno da parte dell’attuale proprietà riguardo a nuovi investimenti, necessari a garantire una situazione di equilibrio per quel che attiene alla liquidità aziendale, che rischia da gennaio di tornare di nuovo in una situazione di criticità”.

In questa situazione pesa, anche tra i lavoratori, lo scenario che sta vivendo il tessile e abbigliamento nella pandemia: “Da parte di tutti, in fabbrica, c’è la preoccupazione per la crisi in cui versa tutto il settore, che pesa sullo scenario della Corneliani. L’emergenza sanitaria, poi, ha peggiorato le cose: il fatto di avere i negozi chiusi certamente non aiuta a risollevare il morale. E già sappiamo che il 2021 non sarà certo l’anno della rinascita”, conclude il sindacalista.